Due momò a Schweiz Express
Senza soldi e senza telefono, quattro giorni di gara in giro per la Svizzera Settecentocinquanta chilometri tra autostop, prove intermedie, ricerca di un pasto e di un posto dove dormire. Nel mezzo, la generosità elvetica.
All’incirca 750 chilometri da percorrere, in quattro giorni, all’interno della Svizzera. E fin qui, nessun problema. Senza un soldo, senza smartphone o altre diavolerie moderne. E già l’affare si complica. Aggiungiamoci la mancanza di un mezzo di trasporto proprio da poter utilizzare, oltre alla ‘competizione interna’ e la difficoltà aumenta notevolmente. Ma le regole del gioco, d’altronde, sono queste e vanno accettate. E così, dal 21 agosto, è andata in scena la nona edizione di ‘Schweiz Express’, evento molto simile – pensando alle trasmissioni televisive italiane – a ‘Pechino Express’. La versione elvetica, partita il 21 alle 8 del mattino nella piazzetta adiacente l’entrata del Parco Ciani a Lugano, ha visto contendersi la vittoria 25 coppie provenienti da tutta la Svizzera. A difendere i colori ticinesi c’erano tre coppie: tra queste i ‘Momo brothers’, composta da Emiliano Butti (45 anni) di Riva San Vitale e da Carlo Valsangiacomo (49 anni) di Balerna. Due «amiconi» che hanno deciso di intraprendere l’avventura che li ha portati da Lugano sino ad Appenzello. Una vera e propria gara fatta di spostamenti con ‘mezzi di fortuna’, prove intermedie (fisiche, di logica, di ricerca e quant’altro), unitamente al bisogno di trovare un posto caldo dove dormire o un pasto con cui sostentarsi. Il tutto, come detto, senza un franco o un supporto tecnico (e sappiamo benissimo, al giorno d’oggi, quanto possano essere importanti). Emi e Carlo ce l’hanno fatta e, sebbene la classifica li registri al 22esimo posto, per loro è stata un’autentica vittoria. Nei cinque giorni di gara i concorrenti, dopo essere partiti da Lugano, hanno dovuto raggiungere Mergoscia, valicare il passo del Lucomagno e raggiungere Ilanz. Poi Sankt Moritz, Poschiavo, Davos, Vaduz, Altstetten e infine Appenzello. Pollice alzato e via di autostop: «ne abbiamo fatti più di 50» e tra questi, Emiliano, ne ha un paio ben impressi: dall’inglese di Londra che ha dato loro una mano sul finire della sua vacanza, fino alla... polizia: «un agente della cantonale grigionese che ci ha caricati sulla camionetta; ha visto la fatica nei nostri occhi e allora ha deciso di portarci per una 30ina di chilometri». Spostarsi da un posto all’altro era, però solo la prima di una serie di difficoltà. Ai vari punti di arrivo, c’erano infatti le prove intermedie che i partecipanti ricordano con il sorriso: «il percorso con il paddle sul lago di Sankt Moritz, una parete in arrampicata, la corsa con i sacchi di juta o con le uova in mano».
Alla ricerca di un... letto
E poi, una volta terminata la giornata, occorreva cercare ospitalità. «La prima sera – ci racconta Emi – abbiamo dormito in un ristorante a Ilanz». Una volta spiegato il perché fossero lì, «il proprietario ci offerto subito due birre, una pizza, un risotto con la famiglia e un letto nell’appartamento adiacente al ristorante». La seconda sera, fortuna vuole, durante l’ennesimo autostop, «ci ha raccolti un mio amico che era in vacanza a Celerina e abbiamo dormito a casa sua». L’ultima notte, invece, i Momo brothers hanno trovato la complicità di un concierge di un hotel, «il quale ci ha permesso di dormire in una camera dell’albergo. E ci ha pure offerto un piatto di pasta e una birra». Racconti di un’avventura particolare che portano anche a piacevoli riflessioni: «il popolo svizzero è un popolo di generosi. Abbiamo trovato persone molto a modo, gentili, cordiali e disponibili». Come svizzeri siamo «diffidenti all’inizio, ma poi ci sciogliamo». E così, un gioco (con un «plauso all’organizzazione») si trasforma ben presto in un’esperienza unica, indimenticabile e ricca di insegnamenti.