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Con la tristezza nel cuore

Leclerc celebra in Belgio il suo primo successo, ma è un trionfo amaro dopo la morte di Hubert in F2, di cui era amico

- di Paolo Spalluto

C’è una cosa che ha cambiato il carattere di Charles Leclerc: la morte del padre quando aveva 18 anni. E il destino ha voluto che, nel giorno in cui, a Spa, quel monegasco candidato a divenire un giorno campione del mondo, vincesse il suo primo Gran Premio in Formula 1 non vi fosse spazio solo per le emozioni, ma pure per molte lacrime rivolte al cielo. Dopo la morte di Anthoine Hubert, sabato in Formula 2, che di Leclerc era buon amico. E la cui madre, disperata, ha abbracciat­o Leclerc al momento dell’incoronazi­one sul podio, mentre il pensiero del 22enne ferrarista sarà certamente corso ai ricordi di un padre che tanto l’aveva amato, spinto, protetto.

Così, alla fine, Charles Leclerc ce l’ha fatta. Un successo che ha voluto assaporare da solo, all’interno della monoposto, senza radio, giornalist­i, meccanici né nessun altro. Sul circuito in cui tutto cominciò anche per uno come Schumi. Poi, quand’è sceso dalla sua Ferrari con le lacrime agli occhi, ha chiesto al cameraman di inquadrare l’etichetta dedicata a Anthoine e si è lasciato abbracciar­e da Hamilton, che lo rispetta molto. E che da vero campione sa riconoscer­e il talento vero. È l’epilogo di una domenica di emozioni e anche di brividi, su e giù per le Ardenne, su catrame che ha segnato la storia di uno sport in cui, pur con ogni accorgimen­to, attenzione o innovazion­e la parola morte era ed è subdolamen­te sempre presente. In una disciplina in cui la sicurezza si è fatta protagonis­ta, per fortuna, e gli incidenti mortali sono sempre meno diffusi. Tuttavia, ancor oggi ognuno di coloro che infila tuta e casco e saluta le persone care, sa che quella volta potrebbe anche essere l’ultima. Però c’è il fuoco della passione e della velocità a guidarli, e a renderli così amati agli occhi dei tifosi. E dopo avere abbassato la visiera, al semaforo verde la competizio­ne torna forte come prima. Infatti, quando chiedemmo a Ralf Schumacher nel 2002, dopo il successo nel Gp di San Marino, a Imola, cosa avesse provato mentre correva poche ore dopo la scomparsa della madre, lui rispose che almeno in gara non si pensa.

Il caso Giovinazzi (e non solo)

A Spa, con le coperture soft (rosse) la Ferrari è stata imbattibil­e. Veloce come nessun’altra, con Leclerc e Vettel a poter finalmente esprimere una concezione aerodinami­ca e motoristic­a della Rossa che solo a Spa e Monza trova spazio e interpreta­zione. Velocità pura e poco carico: tutto qui. Poi appena le Pirelli sono diventate gialle (medie) ecco che la solita armata Mercedes-Benz si è fatta sotto, Hamilton ha infilato con facilità il tedesco e ha insidiato Leclerc sino alla fine. Altri tre giri e avremmo scritto di un’altra gara.

Tutto è cominciato con Verstappen che ha commesso un errore alla prima curva, buttando fuori sé stesso e rovinando però anche una possibile bella gara all’incolpevol­e Raikkonen, che ieri avrebbe portato punti preziosi a Hinwil, mentre il suo compagno – che era arrivato fino al nono posto – è andato a sbattere a poco dal termine e non ha potuto compensare il carniere (vuoto) che ora relega l’Alfa Romeo Racing all’ottavo posto tra i costruttor­i. Personalme­nte siamo stanchi dei condiziona­li, dei futuri anteriori, dei ricordi e delle attese: o Giovinazzi diventa un pilota degno di un team che merita il sesto posto del Mondiale, almeno, o – pur dovendo litigare con Fca e, specialmen­te, Torino – lo si mandi a casa una volta per tutte. È tempo che un pilota che vuole essere a pieno titolo nel Mondiale dimostri il suo valore senza se e senza ma. La sfortuna? Anche quella fa parte del pacchetto-corse.

Spa, però, ieri ha regalato battaglia anche nei gruppi a ridosso dei primi, e vogliamo evidenziar­e la bella prestazion­e (l’ennesima) di Norris su McLaren quinto sino a un giro dal termine prima di venir bloccato da un guasto. Rimarchiam­o però anche la costante tensione che regna alla Haas, dove i piloti via radio regolarmen­te mandano a quel paese il team senza filtri. Anche in quel caso è tempo di decisioni coraggiose e rapide. Questa è una disciplina che vuole anche il rispetto di alcune regole, prima fra tutte l’educazione.

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INFOGRAFIC­A LAREGIONE Per Maranello è una domenica di rivincita

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