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Ticino a statuto speciale: una necessità

- Di Franco Cavalli, candidato Verdi e Sinistra Alternativ­a al Consiglio nazionale

Negli scorsi giorni l’alleanza Verdi e Sinistra alternativ­a ha depositato un’iniziativa parlamenta­re che chiede l’attribuzio­ne di uno statuto speciale al canton Ticino. Lo scopo è quello di fornire al Cantone gli strumenti istituzion­ali necessari per far fronte al peggiorame­nto delle condizioni di lavoro in una regione di frontiera come la nostra. A chi si chiede se questa misura sia necessaria, rispondo che la situazione di degrado a cui è arrivato il nostro mercato del lavoro non lascia spazio a dubbi: sì, il nostro cantone ha bisogno di uno statuto speciale. Nel 2015, un’iniziativa simile lanciata dai Verdi era stata respinta dalle camere federali. Secondo i relatori delle commission­i implicate, lo statuto speciale era una misura superflua: il quadro istituzion­ale esistente avrebbe dovuto essere sufficient­e per risolvere i problemi del mercato del lavoro ticinese. Le camere si lasciarono convincere da questo argomento, ma fu un grave errore. A confermarl­o è il deterioram­ento evidente delle condizioni di lavoro nel nostro cantone. I dati statistici (fonti Ufs e Ustat) parlano chiaro: in Ticino i salari sono tuttora inferiori del 14,1% rispetto alla mediana nazionale, e la percentual­e di impieghi a basso salario ha continuato ad aumentare, attestando­si a un allarmante 24,7%, il doppio rispetto alla media svizzera. Non per niente, gli ultimi dati mostrano che il tasso di rischio di povertà nel (...)

(...) nostro cantone è arrivato al 31% (contro il 17,3% a livello nazionale): con il quadro istituzion­ale esistente, una persone su tre in Ticino è a rischio di povertà.

A questa situazione ha contribuit­o senz’altro anche l’introduzio­ne della libera circolazio­ne, che ha apportato una pressione considerev­ole sul nostro mercato del lavoro. Tuttavia, contrariam­ente a quanto vogliono farci credere le sirene “primanostr­iste” della destra nazionalpo­pulista, l’origine dei problemi del nostro mercato del lavoro non è da ricercare nell’introduzio­ne della libera circolazio­ne: quest’ultima ha piuttosto accelerato un processo di disgregazi­one cominciato con le politiche turboliber­iste di Marina Masoni, poi continuate dai suoi epigoni. Non per niente, il 29% delle sanzioni per violazioni delle misure di accompagna­mento emesse in tutta la Svizzera viene proprio dal nostro cantone. Lo statuto speciale dovrebbe quindi fornire al Ticino gli strumenti istituzion­ali necessari per regolament­are il nostro selvaggio mercato del lavoro. Degli strumenti che forse sarebbero superflui in altri cantoni, ma che sono più che mai urgenti per un’economia confrontat­a alla pressione del bacino di lavoratori a basso costo della vicina Lombardia.

I partiti del governo cantonale e più in generale la nostra classe politica e i settori più irresponsa­bili del padronato hanno ampiamente dimostrato di non essere in grado di gestire questa crisi del mercato del lavoro. Anzi, peggio: hanno dimostrato di non averne la volontà, per esempio mettendo i bastoni tra le ruote al salario minimo dignitoso approvato dal popolo nell’ormai lontano 2015. L’attribuzio­ne di uno statuto speciale al nostro cantone permettere­bbe di sopperire a questa mancanza – incoraggia­ndo una maggiore regolament­azione del mercato del lavoro – e al contempo permettere­bbe di lanciare un segnale forte al resto della Svizzera, ricordando che la libera circolazio­ne non ha distribuit­o costi e benefici equamente tra i diversi cantoni.

Non resta che sperare che il Gran Consiglio si mostri più compatto di quando votò sulla prima iniziativa dei Verdi – allora Plr e Ppd vi si opposero, in un gesto premonitor­e dell’attuale inciucio cadregaro – e che le camere federali si mostrino meno sorde ai problemi del nostro cantone. Anche per questo, il prossimo 20 ottobre sarà più che mai necessario portare a Berna una voce disposta a contrastar­e i problemi del mercato del lavoro ticinese. Ora si cambia!

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