Ora c’è Medvedev. ‘Ed ho fretta’
Djokovic getta la spugna (tra i fischi) e Stan the Slam è di nuovo ai quarti a New York. ‘Sarà una sfida di livello altissimo’.
New York – «È frustrante, molto frustrante». Parola di Novak Djokovic, costretto a gettare la spugna sul 6-4 7-5 2-1 per un dolore alla spalla che lo infastidisce da settimane. «Non sono né il primo, né l’ultimo a dover abbandonare una partita dello Slam», dice il numero 1 al mondo. Ma il pubblico non la prende troppo bene, e (ingiustamente, bisogna pur dirlo) lo fischia al momento dell’uscita dal campo. Sull’altro fronte, invece, ci mancherebbe, Stan Wawrinka ha un sorriso grande così. «Anche se è chiaro, mi è dispiaciuto che sia finita in quel modo», esordisce il trentaquattrenne vodese. «Per me, tuttavia, la cosa più importante è come gioco e il modo in cui mi muovo sul campo. E stavolta credo di esserci riuscito ad un livello molto alto».
Oggi contro il russo, il 5° dell’Atp, il vodese avrà il pubblico dalla sua: ‘Già (ride) ci sono stati un paio di momenti drammatici...’
Quando hai capito che in Djokovic c’era qualcosa che non andava? «Diciamo che, per prima cosa, io ero concentrato su me stesso. Avevo un buon feeling in campo, e più la partita avanzava, meglio giocavo. Quanto a Nole, c’era qualche piccolo segnale che potesse avere qualche problema, ma so bene quale combattente sia, e quanto sia capace di rientrare dopo un momento di difficoltà».
Quindi sei rimasto sorpreso, quando ha deciso di abbandonare il match, tra i fischi? «Decisamente. Quando affronti un avversario come lui, ti aspetti sempre di dover far fronte al Novak migliore possibile. Come ho detto, mi sono accorto che non stava benissimo, ma la sua rinuncia è stata una sorpresa. È un buon amico oltre che un incredibile campione, e vederlo lasciare il campo in quel modo non è una bella cosa, di sicuro». A proposito di tifo contro: il tuo futuro avversario, Daniil Medvedev, il quinto dell’Atp, a Flushing Meadows dopo ciò che ha fatto settimana scorsa, non è particolarmente amato. In altre parole, oggi nei quarti (attorno alle 20 in Svizzera, ndr) avrai praticamente tutto il pubblico dalla tua parte. «Effettivamente ci sono stati un paio di momenti drammatici quest’anno (ride, ndr). Ma sono stati anche molto divertenti da seguire... Soprattutto, però, ciò che ho visto io è che Medvedev ha giocato molto bene a tennis, e l’ha fatto per tutta l’estate. Una finale dopo l’altra, poi il successo a Cincinnati. Lui è di quelli che affondano la loro energia in quel tipo di atmosfera. Sarà un quarto di finale dal livello altissimo, e io ho fretta di esserci».
Quattro successi in otto partite con Djokovic negli Slam, mentre negli altri tornei del circuito il bilancio di Nole nei tuoi confronti è di 15 vittorie a 2 (!). C’è una spiegazione? «Sì, io adoro gli Slam – spiega –. Con Djokovic sono arrivato due volte in finale (a Parigi nel 2015 e a New York l’anno dopo, ndr), ed è chiaro che negli Slam è dove riesco a giocare il mio tennis migliore. È dove riesco a giocare con la maggior fiducia».
Il ricordo di quell’ultima finale con Nole, nell’immenso Arthur Ashe, è ancora vivo. Come ci si sente a ritornare qui? «Diciamo che è sempre un qualcosa di speciale, in particolare quando hai l’opportunità di giocare in ‘night session’. Ricordo benissimo quella partita. Speravo in una buona partita, e già nel riscaldamento avevo capito di sentirmi bene. Fisicamente ma non solo».
Poi c’è stato quell’interminabile parentesi per i problemi al ginocchio: si può dire che ora sono superati? «Sono passati due anni da quell’infortunio, e ora non si tratta di stabilire a che punto sono in rapporto a quell’infortunio, bensì dove mi trovo pensando alla mia carriera. E sono soddisfatto, se penso ai quarti al Roland Garros, alla finale ad Anversa... Ho una gran voglia di risalire in classifica (ora è 24°, ndr) e andare avanti il più possibile nello Slam. È per quello che devi vincere partite come quella dell’altra sera». Si può dire che sei tornato quello che eri quando hai vinto l’Us Open, tre anni fa? «Non voglio, né posso fare paragoni con ciò che ero. Ma mi sento bene, e sono soddisfatto del mio livello. Anche in rapporto a quello che avevo tre anni fa».