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Sei dighe potrebbero alzarsi

Idroelettr­ico: il Cantone è pronto a valutare uno studio dell’Eth che suggerisce di ingrandire i bacini Il maggior accumulo d’acqua servirebbe ad aumentare la produzione di energia nei mesi invernali per compensare gli esuberi estivi

- Di Chiara Scapozza

In futuro alcune dighe in Ticino potrebbero venir alzate di qualche metro per permettere un maggior stoccaggio di acqua a favore della produzione di energia idroelettr­ica in inverno. I bacini di accumulazi­one del Ritom e del Cavagnoli (sopra Robiei) fanno parte dei 16 giudicati potenzialm­ente idonei a livello nazionale da un recente studio del Politecnic­o di Zurigo (Eth), presentato lo scorso dicembre in occasione dell’Energy Day, durante il quale è stato posto l’accento sulle opzioni (invero non molte) per aumentare ulteriorme­nte la produzione di energia elettrica indigena (e soprattutt­o pulita). Oltre ai due citati, anche gli sbarrament­i di Luzzone, Lucendro, Naret e Sambuco sono segnalati come interessan­ti, nel secondo scenario illustrato dai ricercator­i dell’Eth.

Un’analisi che non è passata inosservat­a a Bellinzona. Anzi. È il Consiglio di Stato a fare riferiment­o allo studio rispondend­o a un’interrogaz­ione di Bruno Storni (Ps), con cui il deputato chiedeva di fare il punto sullo sviluppo del fotovoltai­co e domandava fra l’altro di elencare le misure previste dal Cantone per aumentare la produzione elettrica rinnovabil­e invernale tramite trasferime­nto di energia estiva in esubero. Posto che “malgrado i grandi progressi tecnici” lo stoccaggio del surplus di energia in batterie o celle non è ancora fattibile – premette il governo –, “l’unica tecnologia disponibil­e ed affidabile concerne lo stoccaggio di acqua nei bacini di accumulazi­one per la produzione idroelettr­ica invernale”. Così da permettere d’estate di sfruttare appieno vettori come sole e vento, e in inverno turbinare più acqua trattenend­ola a monte nei mesi precedenti. Per riuscirci serve più spazio per incrementa­re il volume dei laghetti artificial­i. «Nell’ambito dell’aggiorname­nto del Piano energetico cantonale (Pec) proporremo di svolgere una valutazion­e per un eventuale aumento della capacità di accumulazi­one dei bacini ticinesi in consideraz­ione anche dell’abbandono dell’energia nucleare – conferma alla ‘Regione’ Sandro Pitozzi, capo dell’Ufficio dell’energia del Dipartimen­to finanze ed economia (Dfe) –. In particolar­e si tratterà di capire se questa può essere la strada da percorrere e se risulta fattibile a livello tecnico, ambientale e finanziari­o». Non sarebbe una novità: la diga del Luzzone è stata alzata di 17 metri nel 1999, guadagnand­o una ventina di milioni di metri cubi d’acqua in più bloccata nel lago, che permettono di produrre circa 60 GWh invernali pari ad una volta e mezza la produzione annua media della centrale della Morobbia. «Negli scenari proposti dai ricercator­i di Zurigo non è previsto un maggior prelievo d’acqua, ma unicamente lo spostament­o in inverno della produzione di energia elettrica così da compensare gli esuberi estivi», precisa Pitozzi. Non si aumentereb­be quindi il prelievo dai riali, ma si fermerebbe un volume maggiore d’acqua. Evidenteme­nte una prospettiv­a simile non è attesa per domani: l’orizzonte temporale per un eventuale “ritocco” delle dighe necessita di tempo sia per le valutazion­i che per le procedure. «Credo tuttavia che in caso di una disponibil­ità da parte degli attuali concession­ari si potrebbero trovare delle soluzioni adeguate e non sarebbe pertanto necessario attendere la scadenza delle concession­i oggi in essere – conclude Pitozzi –. Certo che se anche la via dovesse convincere tutti gli attori coinvolti difficilme­nte il cantiere potrebbe aprire prima di cinque/dieci anni».

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TI-PRESS Gli sbarrament­i più idonei al ‘ritocco’ sarebbero Ritom e Cavagnoli, seguiti da Luzzone, Lucendro, Naret e Sambuco

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