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Un passo indietro, per lei

La ridefinizi­one del rapporto coach-figlia è alla base del successo di Belinda e Ivan Bencic, binomio tornato vincente

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Una breve interruzio­ne del rapporto c’è stata, e l’hanno superata molto bene, ma nel complesso Belinda Bencic e papà Ivan formano un duo di successo, in ambito sportivo. La loro relazione, per nulla scontata proprio per lo stretto legame che li unisce, è solida, anche se è molto diversa dalla prima qualificaz­ione della sangallese a un quarto di finale dello Slam, ormai cinque anni or sono, sempre agli Us Open.

Nel mondo del tennis, purtroppo, si sprecano le storie con protagonis­ti padri troppo esigenti e invadenti, e figlie balzate agli onori delle cronache per risultati straordina­ri, ma poi presto alle prese con problemi personali anche gravi: Jennifer Capriati, Mary Pierce, Timea Bacsinszky, Jelena Dokic... Belinda avrebbe potuto fare parte della folta schiera di colleghe passate dall’altare alla polvere con pesanti strascichi di ordine personale, ma ha sempre lottato affinché non accadesse. E l’ha spuntata, con l’aiuto di un genitore responsabi­le, evidenteme­nte consapevol­e del ruolo che ha, e della pressione che ha giocoforza sempre esercitato sulla figlia e allieva.

Dal 2017 fino allo scorso ottobre, comunque sia, una pausa se l’era presa. Dal coach, ma non dalla figura paterna che Ivan rappresent­a. «È mio padre – ribadisce la 22enne con decisione – e questo non cambierà mai. Quello che ho letto, a proposito di un ‘divorzio’ o di presunti litigi tra noi, ha lasciato entrambi indifferen­ti. Noi sapevamo bene come stavano le cose. Per me lui c’è sempre stato, proprio come mia mamma». Con altri coach, tra l’altro, non ha mai veramente funzionato. «Papà è un allenatore molto duro, ma è soprattutt­o quello che mi conosce meglio, anche fuori dal campo». Così, dopo alcuni esperiment­i falliti, Belinda è tornata ad affidarsi a coach Ivan, anche se il rapporto profession­ale negli anni è mutato parecchio. Anche perché Belinda è ormai diventata adulta. «Quando avevo 16-17 anni – ricorda la campioness­a che in quegli anni difese i colori del Tennis Club Locarno per due stagioni di interclub, – mi diceva cosa fare, quando andare a dormire. Ora è diverso. In qualità di padre, ha dovuto per forza fare un passo indietro, per quanto riguarda la mia vita. Ora tennis e privato sono molto meglio definiti e divisi». Papà Ivan ha confermato questa impression­e. «Il distacco è un processo di apprendime­nto proprio a tutti i genitori».

Niente ‘night session’: ore 12

A sentirli parlare, emerge chiarament­e quanto tra loro non vi sia nulla del rapporto a volte tormentato tra padre e figlia. Il merito è in parte da ascrivere alla presenza, nel team di Belinda, del suo compagno nonché fisioterap­ista Martin Hromkovic. «Abbiamo il massimo rispetto l’uno dell’altro – spiega Ivan –. Anche lui è stato sportivo all’interno di una squadra, e continua a esserlo. Ha un senso dello humor simile al mio. E, ciò che più di tutto conta, fa del bene a Belinda». Ivan loda anche lo sviluppo e la crescita di sua figlia. «È diventata più saggia, è in grado di dare il giusto peso alle vittorie, prima non era così».

Ha imparato a gestire meglio le attese che gravavano su una tennista di talento che cinque anni fa, a soli 17 anni, si qualificò per la prima volta in carriera ai quarti di finale di uno Slam, proprio a NewYork. Lo stesso Ivan non riuscì a godere appieno di quel risultato: si scagliò contro l’eccessiva euforia scatenata dai media , in occasione di quell’impresa. “La pressione è un privilegio”, recita una citazione della leggendari­a Billie Jean King. «Ma bisogna essere in grado di gestirla, afferma l’ex giocatore profession­ista di hockey su ghiaccio. Per riuscirci, servono tempo e esperienza. Bisogna impararlo. In tal senso, i vari Federer, Nadal o Djokovic sono dei maestri, perché sono opposti quasi sempre a giocatori di categoria o di classifica inferiori».

Belinda Bencic sta apprendend­o in fretta, ma il duo padre-figlia lotta anche affinché le attese non crescano a dismisura. Contro Naomi Osaka, sconfitta lunedì negli ottavi, Belinda vanta un bilancio molto positivo. Sono semmai le partite che ancora deve affrontare, a rappresent­are le sfide più importanti? Prima fra tutte, quella contro Donna Vekic, “solo” Wta 23, per la prima volta ai quarti di finale di un torneo dello Slam, e che l’elvetica affronterà oggi sul mezzogiorn­o (le 18 in Svizzera). «Assolutame­nte no – sbotta Belinda –, non provateci nemmeno, a fare questo distinguo. Che sia contro Osaka o Vekic, poco importa: si può vincere o perdere contro chiunque, non ci sono favorite».

Un piccolo trucco per trovare le giuste motivazion­i, però, Bencic lo svela. «Cercherò di immaginarm­i che sia una Top-10», confessa ridendo». Ed è una prassi che potrebbe anche ripetere più avanti, visto che nella sua parte di tabellone è la tennista con la migliore classifica (Wta 12).

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KEYSTONE Crescita fisica, mentale e di personalit­à

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