Crisi di fiducia
Quando la fiducia cala, le famiglie risparmiano, le imprese rinunciano a investire, le banche limitano il credito e gli investitori fuggono dagli attivi rischiosi. L’interazione dei comportamenti individuali produce uno choc che si diffonde nell’economia. L’evoluzione della fiducia nel breve periodo rappresenta perciò un fattore essenziale per prevedere boom e recessioni. Che cosa segnalano oggi gli indicatori avanzati negli Stati Uniti, l’economia più rilevante per l’investitore internazionale? Negli ultimi dodici mesi, la crescita ha visibilmente decelerato su un livello da considerare normale. Le misure di fiducia del settore industriale sono tuttavia cadute a livelli critici. I margini delle imprese non finanziarie ante imposte sono in contrazione dal 2015 e la domanda di beni capitali stagna. La curva dei Treasuries resta invertita e le banche hanno stretto gli standard di credito. L’economia ha superato da parecchio tempo il pieno impiego, il mercato del lavoro è teso. La fiducia dei consumatori ha perciò raggiunto livelli così elevati da essere difficili da migliorare. Per il momento la dinamica dei consumi privati sostiene la crescita. Il debito federale in aumento tendenziale esclude nuovi stimoli fiscali su larga scala. Le imprese devono difendere la loro redditività. La contrazione dei margini non incita a investire. Il confronto con la Cina e le relazioni complesse con l’Europa creano inoltre incertezza nel medio periodo. In assenza di nuovi impulsi, le imprese potrebbero iniziare a ridurre l’impiego, a danno dei consumi. Scatenata la reazione a catena, un forte rallentamento o una recessione sarebbero allora difficili da evitare. Nei prossimi dodici mesi questi eventi hanno quindi una probabilità distinta di verificarsi negli Stati Uniti.