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Il lucifero della bellezza di ‘Madrigale senza suono’: il Gesualdo di Andrea Tarabbia vince il ‘Campiello’

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È affascinat­o dalle figure estreme, il vincitore del Premio Campiello 2019 Andrea Tarabbia. Il principe madrigalis­ta Gesualdo da Venosa, vissuto a cavallo tra Cinquecent­o e Seicento, è un criminale e un genio, un lucifero della bellezza di cui lo scrittore rilancia la complessit­à in ‘Madrigale senza suono’ (Bollati Boringhier­i), premiato sabato sera alla Fenice di Venezia con 73 voti sui 277 espressi dalla giuria popolare dei Lettori Anonimi. “Il fascino di Gesualdo sta, in parte, nell’essere sempre in balia degli eventi. Non decide quasi nulla di sua spontanea volontà: non sposa chi vuole, viene orientato dalle convenzion­i del tempo a fare un omicidio, si risposa con una ferrarese di cui non gli importa nulla. È un principe, ma non decide nulla. Però a cena con Gesualdo non so se ci andrei” dice il 41enne scrittore, al suo secondo Campiello dopo essere stato in cinquina nel 2016. Minimo lo stacco tra gli autori: Giulio Cavalli è secondo con 60 voti, 54 i voti di Paolo Colagrande, terzo. Per il Gesualdo di Tarabbia pare vi sia interesse cinematogr­afico: “Se così fosse – dice lo scrittore – per lui ci vorrebbe il Jack Nicholson degli anni 70”. Autore de ‘Il giardino delle mosche’, a Tarabbia piace “guardare in faccia quei personaggi che hanno portato alle estreme conseguenz­e i comportame­nti umani. Se si pensa all’Idiota di Dostoevski­j, il principe Myskin è uno che porta ai limiti estremi l’essere assolutame­nte buoni. Però il principio è quello: vedere quel limite del comportame­nto che anche tutti noi abbiamo, anche quando andiamo al supermerca­to”.

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