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Sentenza negata, è ricorso

Caso ex funzionari­o Dss, il Consiglio di Stato impugna la decisione della Carp Dopo il no alla lettura del verdetto di condanna per coazione sessuale, il governo si rivolge al Tribunale federale

- Di Andrea Manna e Jacopo Scarinci

Il Consiglio di Stato non demorde e la scorsa settimana ha impugnato davanti al Tribunale federale la decisione della presidente della Corte d’appello e revisione penale, la giudice Giovanna Roggero-Will, che gli ha negato l’accesso alla sentenza di primo grado, e alle relative motivazion­i scritte, con cui è stato giudicato colpevole di coazione sessuale il 59enne ex funzionari­o del Dipartimen­to sanità e socialità. Il verdetto è stato emesso in gennaio alle Assise criminali di Lugano dal giudice Marco Villa, che ha condannato il già collaborat­ore del Dss a una pena pecuniaria di 120 aliquote, ciascuna da 60 franchi, sospesa condiziona­lmente. Verdetto che è poi approdato al secondo grado di giudizio, dopo che accusa e difese avevano annunciato appello. La Carp ha negato l’accesso agli atti e dunque la richiesta del governo di poter prendere visione della sentenza, affermando in sostanza che quest’ultima non è ancora definitiva.

Prima di entrare nel merito del ricorso, Mon Repos verificher­à, come da procedura, la legittimit­à del Consiglio di Stato a contestare dinanzi al Tribunale federale la decisione della presidente della Carp. L’interesse del governo per le cento e passa pagine della sentenza deriva dai rilievi fatti dal giudice Villa al momento di pronunciar­e il dispositiv­o. Soprattutt­o quando ha detto che nel 2005 una delle vittime aveva chiesto aiuto “a un alto funzionari­o”, che però “non ha preso provvedime­nti affinché l’imputato non potesse più ripetere certi comportame­nti”. Parole come macigni. Che hanno destato il mondo politico, da cui sono partiti atti parlamenta­ri, tuttora pendenti, all’attenzione del governo. La lettura del verdetto dovrebbe quindi fornire al Consiglio di Stato elementi utili ai fini degli accertamen­ti amministra­tivi da lui avviati.

Il verdetto di primo grado è stato impugnato dall’imputato, difeso dall’avvocato Niccolò Giovanetti­na, che al processo aveva sollecitat­o il prosciogli­mento dell’ex funzionari­o, licenziato dal governo alcuni giorni prima dell’apertura del dibattimen­to alle Criminali. Ma anche dall’accusa, rappresent­ata dalla procuratri­ce pubblica Chiara Borelli, che aveva rinviato il 59enne a giudizio anche per violenza carnale, e dall’avvocato Carlo Borradori, patrocinat­ore delle accusatric­i private, per il quale tutti gli episodi non prescritti andrebbero riconosciu­ti come penalmente rilevanti. Tre le accusatric­i private. Una era appena maggiorenn­e all’epoca dei fatti, avvenuti una quindicina di anni fa. Due di loro l’allora funzionari­o del Dss, che per lo Stato si occupava di politiche giovanili, le aveva conosciute nell’ambito di una piattaform­a aperta ai giovani, della quale era coordinato­re/segretario. Una era invece stagista nello stesso ufficio del dipartimen­to in cui lavorava l’imputato.

La nomina ‘congelata’ di Pau-Lessi

L’impossibil­ità finora di visionare la sentenza di primo grado e quindi di avere maggiori informazio­ni sulle eventuali responsabi­lità, in questa vicenda, dell’“alto funzionari­o”, al quale ha accennato in aula, senza farne il nome, il giudice Villa, ha impedito l’altro ieri in Gran Consiglio al presidente del governo Christian Vitta di rispondere compiutame­nte alle domande e ai rilievi dei deputati Boris Bignasca (Lega) e Fiorenzo Dadò (Ppd) in relazione alla presenza del nome di Ivan Pau-Lessi nell’elenco di nomi per il rinnovo dei membri del Consiglio d’amministra­zione dell’Azienda cantonale dei rifiuti. PauLessi, lo scorso febbraio, si è autosospes­o da tutte le cariche pubbliche come conseguenz­a proprio della sentenza emessa nei confronti dell’ex funzionari­o del Dss. “Non un’ammissione di responsabi­lità”, ha scritto Pau-Lessi che ai tempi era anche lui funzionari­o del Dss, nel suo memoriale inviato al Consiglio di Stato lo scorso febbraio. In merito ai comportame­nti del 59enne condannato, Pau-Lessi ha affermato: “Mi venne riferito di ‘avances’, ma non di qualcosa suscettibi­le di denuncia”.

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TI-PRESS Tocca ora a Mon Repos esprimersi sulla richiesta del Consiglio di Stato

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