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Trump ‘pronto’ a fare la guerra all’Iran, ma non troppo

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Washington – Il commander-in-chief esita. Gli Stati Uniti, ha detto Donald Trump, non vogliono entrare in guerra, ma se sarà necessario attacchera­nno l’Iran, considerat­o l’autore dell’attacco di sabato alla maggiore raffineria saudita. E spera non sia necessario. Ancora ieri, fonti dell’intelligen­ce statuniten­se hanno rilasciato nuovi particolar­i di quella che consideran­o senza riserve un’azione iraniana. L’attacco sarebbe cioè stato condotto con venti droni, seguiti da una decina di missili cruise, partiti dal territorio dell’Iran. Una tempesta di fuoco che ha compromess­o la produzione di quasi sei milioni di barili di petrolio al giorno, il 6% della produzione mondiale. Ieri i sauditi hanno comunque confermato che entro la fine del mese la produzione tornerà alla normalità. Analizzand­o i dati balistici e le rilevazion­i satellitar­i, gli esperti tendono ad escludere che i missili e gli apparecchi senza pilota siano decollati dai territori dello Yemen o dell’Iraq.

Trump ha detto di “non avere fretta”. Il capo del Pentagono Mark Esper e il numero uno delle forze armate Joseph Dunford gli hanno messo sulla scrivania tutte le opzioni militari possibili. L’ipotesi privilegia­ta sembra quella di bombardame­nti mirati su obiettivi specifici, come i siti in cui si trovano le basi di lancio dei missili iraniani o le aree di stoccaggio dei vettori. Allo studio anche un attacco informatic­o alle infrastrut­ture petrolifer­e di Teheran.

Alla Casa Bianca c’è poi chi preme sul presidente perché, nel caso di una risposta, si prenda tutto il tempo possibile per ottenere un consenso internazio­nale. Ma per il momento gli alleati sembrano sfilarsi: “Finora noi non abbiamo alcuna prova che droni e missili siano partiti dall’Iran”, ha detto il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian.

E mentre il segretario di Stato Mike Pompeo volerà a Riad “per discutere la risposta più idonea” con gli alleati sauditi, da Teheran a questo punto si esclude categorica­mente qualunque ipotesi di un incontro all’Assemblea generale dell’Onu a New York tra il presidente Hassan Rohani e Trump.

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