In Spagna quarto voto in quattro anni
Madrid – Gli elettori spagnoli dovranno tornare alle urne il 10 novembre. A nulla è valso l’estremo tentativo di Felipe VI di indurre i partiti a formare una maggioranza di governo. Anche le ultime consultazioni ne hanno confermato l’impossibilità, come avevano indicato i mesi di negoziati vani tra il leader dei socialisti e premier incaricato Pedro Sanchez – uscito vincitore dal voto del 28 aprile ma senza la maggioranza necessaria – e il capo di Podemos Pablo Iglesias. Lunedì 23, il re scioglierà le Camere e il 10 novembre si rivoterà.
Solo pochi giorni fa, Sanchez aveva presentato la sua ultima proposta a Podemos per convincerlo a sostenere un governo monocolore ma senza offrirgli incarichi nel Consiglio dei ministri. Ed è proprio questo uno dei motivi, secondo gli analisti, che hanno portato Iglesias a rifiutare un accordo.
Il leader della formazione di sinistra ha infatti chiesto a più riprese ruoli chiave o comunque all’interno dell’esecutivo e ad un certo punto aveva anche fatto un passo indietro – escludendo un incarico di peso per sé – pur di guadagnare terreno in questa direzione.
Sanchez è stato però irremovibile, anche rispetto all’ultima proposta di Iglesias che nelle settimane scorse aveva ipotizzato la formazione di una coalizione di governo temporanea per approvare intanto la legge di bilancio. Opzione esclusa dai socialisti.
Sanchez non è riuscito a stringere un accordo per un governo di coalizione neanche con le altre due principali forze politiche, i popolari di Pablo Casado e Ciudadanos di Albert Rivera. Quest’ultimo sembrava aver aperto uno spiraglio lunedì quando aveva dato la disponibilità ad astenersi “se fossero state soddisfatte certe condizioni” tra le quali la promessa di non alzare le tasse e l’inflessibilità contro gli indipendentisti catalani. Ma neanche 24 ore dopo l’offerta era stata ritirata da Rivera che ha definito la riposta di Sanchez una “presa in giro”.
“Il Paese è destinato a tornare al voto il 10 novembre”, ha detto Sanchez in serata ammettendo che “il risultato delle consultazioni è chiaro”.