Ci si ammala al lavoro
Più stress e disagi nelle aziende e il Dfe prende contromisure
Ticinesi più impasticcati che altrove, il problema è l’impiego, oggi sta male chi ce l’ha
Il lavoro fa ammalare più al Sud delle Alpi, dove sonniferi e ansiolitici spopolano. Sempre più persone in cura per stress, burnout, mobbing. Colpiti lavoratori modello che non avevano mai preso pastiglie prima. Per il Dfe il problema è serio e l’ha portato a potenziare l’Ispettorato del lavoro nella lotta ai costosi disagi psicosociali nelle aziende.
Uno svizzero su due assume regolarmente farmaci. Se nel 1992 il Sud delle Alpi era la regione con il tasso più basso, ora il Ticino batte tutti con un 54,1% di consumatori regolari di antidolorifici, pillole per pressione e colesterolo, sonniferi e antidepressivi. Che cosa è successo in 25 anni per farci diventare ‘impasticcati’ cronici? L’ultima indagine sulla salute 2017 dell’Ufficio federale di statistica (Ust), punta il dito contro la vita professionale e il suo impatto sulla salute. In Ticino, dicono i ricercatori, la percentuale di chi fatica a conciliare lavoro e famiglia è più elevata e la paura di perderlo è doppia rispetto ai cugini tedeschi. Anche la Seco ha suonato l’allarme, richiamando l’attenzione sui rischi psicosociali sul posto di lavoro. Carichi eccessivi, ritmi pressanti, conflitti, leader autoritari e analfabeti emotivi, ruoli non chiari, incertezza... ingredienti esplosivi che alla lunga mandano in tilt. «Un tempo curavamo più persone in disoccupazione o assistenza. Ora l’84% di chi seguiamo ha un lavoro; un quarto di loro, non ha mai avuto prima problemi psichiatrici e non ha mai preso medicamenti», ci spiega Liala Cattaneo, coordinatrice del Laboratorio di psicopatologia del lavoro dell’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale. Al Sud delle Alpi, il lavoro fa ammalare più che altrove.
C’è più conflittualità e stress sul lavoro in Ticino?
Negli ultimi anni sono aumentate le persone che, pur avendo un impiego, si rivolgono a noi per un disagio reattivo a situazioni conflittuali sul posto di lavoro. Quindi vediamo aumentare la conflittualità che è un fattore di rischio per la salute. Le cause sono molteplici. Ci possono essere fattori legati a caratteristiche personali o rapporti interpersonali difficili. Altrettanto importanti sono l’organizzazione e la gestione del lavoro (stile di leadership, struttura delle mansioni, comunicazione, passaggio di informazioni...) che possono essere disfunzionali e diventare un terreno fertile per conflitti e mobbing. Inoltre, l’attuale congiuntura sfavorevole non aiuta, c’è chi pur di non perdere il posto sopporta a lungo pressioni, tensioni e angherie.
Quali gli errori più frequenti che vedete in azienda?
Ci sono aziende sensibili a questi temi, altre meno. Laddove ci sono problemi di conflitti o mobbing, spesso osserviamo una cattiva organizzazione del lavoro e uno stile di leadership inadeguato, a volte superiori diretti troppo autoritari e poco partecipativi, poco empatici e con scarse capacità comunicative, con pochi strumenti per gestire i conflitti che invece andrebbero gestiti in modo celere e costruttivo, andando ad analizzare i bisogni e le aspettative delle parti coinvolte. A volte per risolvere i conflitti è necessario l’intervento di un mediatore, ma se l’azienda non vuole, possiamo fare poco.
Trovate collaborazione nelle aziende? A volte sì, alcune aziende sono più sensibili di altre. Alcune aziende hanno dei servizi sociali interni che si occupano della salute dei dipendenti. Alcuni datori di lavoro chiamano il nostro servizio per supervisioni di team o mediazioni, altri non chiamano e prendono altre misure.
Lo Stato può fare di più?
L’impegno di tutti gli attori è indispensabile per affrontare al meglio queste problematiche. In questo senso, può essere utile, se non indispensabile, creare più sinergia tra Stato e aziende.
Si guarisce da un burnout ?
Ogni situazione è diversa, ciascuno reagisce a suo modo e trova le proprie strategie per uscirne. C’è chi impara delle tecniche per gestire lo stress, chi torna alla professione cambiando il modo di lavorare, chi cambia settore o funzione, chi invece non riesce più ad inserirsi nel mondo del lavoro. Certo è che prima si interviene e meglio è.