L’algoritmo indifferente e la corte suprema di Facebook
Ieri era l’anniversario di fidanzamento di un amico – ricorrenza che non è sfuggita a Facebook che ha ripescato dagli archivi una romantica fotografia risalente a quanto la relazione sembrava solida e felice. E dico “sembrava” perché, come purtroppo talvolta capita, è tutto finito, improvvisamente, un annetto fa, e neanche in maniera particolarmente serena per il mio amico. Un piccolo incidente, per carità: un’ombra in più in una giornata già di suo non troppo allegra, meglio se non ci fosse stata ma si può andare avanti. Poi penso a un’altra amica che sta faticosamente ricostruendosi una vita dopo la morte improvvisa del compagno, avvenuta pochi mesi fa. Che effetto avrebbe, una romantica foto di quando lui era ancora vivo?
Il tema qui, meglio precisarlo, non sono le difficoltà che incontriamo nella vita, ma l’indifferenza dell’algoritmo di Facebook. O meglio – perché dare alla tecnologia colpe che sono prima di tutto umane? – l’indifferenza delle persone che stanno dietro quegli algoritmi e che non si sono preoccupate del fatto che non sempre ricordare il passato è una bella cosa e anzi talvolta può essere molto doloroso. E questo – nota bene – pur avendo a disposizione tutte le informazioni per capire se una foto o un post sono, diciamo, “problematici”: le relazioni sentimentali sono tra le cose più semplici da rivelare dall’attività online di una persona. Semplicemente non interessa, non è una priorità dell’azienda che – legittimamente – investe dove vuole investire. Solo che questa banale constatazione contrasta con il reboante annuncio fatto da Mark Zuckerberg nei giorni scorsi: l’istituzione di una commissione di vigilanza indipendente, scherzosamente ribattezzata da alcuni “corte suprema di Facebook”. Lo Oversight Board avrà infatti il potere non solo di annullare le decisioni di cancellazione di contenuti dal social network, ma anche di proporre modifiche alle regole che stabiliscono cosa è lecito e cosa no sul social network. O che dovrebbero stabilire, visto che non sempre è chiaro e molto dipende, oltre che dagli algoritmi, anche dai moderatori umani. Facebook applicherà le decisioni della commissione anche se non è d’accordo. Perché, ha assicurato Zuckerberg in una lettera aperta, potrà capitare che il social network non sia d’accordo con la commissione, perché quest’ultima è, appunto, indipendente. Perché a pagare gli stipendi dei membri non sarà Facebook, ma un fondo. Se vi state chiedendo chi finanzierà e amministrerà questo fondo, la risposta è semplice: Facebook. Certo. difficile pensare a una soluzione diversa, ma tenendo conto che almeno in una fase iniziale pure i membri della commissione saranno nominato da Facebook, l’indipendenza pare più di nome che di fatto.
Del resto, come dimostra il caso dell’algoritmo indifferente, a Facebook non interessano la giustizia e l’equità, ma poter restare la piattaforma di discussione pubblica del Ventunesimo secolo.