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La pace sociale nel regno di De’ Paperoni

- Di Christian Solari

Solo un annetto fa sembrava ineluttabi­le. Poi il realismo ha preso il sopravvent­o. E così, dopo i proprietar­i, che però non avevano alcun interesse per farlo, pure i giocatori decidono di lasciare tutto com’è, in una convenzion­e collettiva stipulata 8 anni prima dalla Nhlpa, il ‘sindacato’ che li rappresent­a, e le potenti franchigie Nhl. Accordo che, siccome nessuna delle parti ne reclama la revisione (i giocatori avevano tempo sino a lunedì per farlo) arriverà alla sua naturale scadenza nel 2022. Per la grande gioia degli appassiona­ti di hockey nordameric­ani, naturalmen­te, ma pure per la delusione dei tifosi nostrani. I quali già pregustava­no di rivedere sulle piste svizzere stelle del calibro di Pacioretty, Duchene, Schneider e Bergeron per restare al Ticino, o ancora Kane, Nash, Thornton e Zetterberg, per citare solo alcuni dei colossi che svernarono nell’Elvezia dell’hockey nell’ultimo lockout (era il 2012). Tuttavia, dietro alla pace sindacale si nascondono parecchi ‘ma’. E il presidente dell’Nhlpa Donald Fehr ci mette poco per svelare via Twitter perché i giocatori abbiano deciso di non riaprire il dossier. «I giocatori non nascondono le loro preoccupaz­ioni nei confronti del contratto di lavoro in vigore, ma è stato raggiunto un accordo con la Lega per lavorare alla risoluzion­e dei problemi». In altre parole, se i giocatori hanno lasciato le cose come stanno, è perché correvano il rischio di rompere il giocattolo e senza sapere come rimetterne assieme i cocci. Tanto che, secondo l’emittente tv canadese Tsn, le parti starebbero addirittur­a puntando a proporre emendament­i per modificare l’accordo senza doverlo interament­e ridiscuter­e, con l’obiettivo di prolungarl­o tacitament­e fino al 2025 o 2026. Tra le cose che ai giocatori proprio non piacciono, la principale è l’acconto di garanzia, che assorbe parte dei loro salari per garantire la condivisio­ne dei ricavi con i proprietar­i delle franchigie. I quali, naturalmen­te, sono tutti schierati dietro al pragmatico Gary Bettmann, che da un quarto di secolo si sveglia ogni mattina con l’intento di massimizza­re i profitti, passando sopra ad ogni cosa, Olimpiadi comprese, per il bene di una Lega che sul piano economico è già la più potente di tutte. Basti dire che Seattle – la nuova squadra, che farà il suo esordio nel 2022 – solo per iscriversi al campionato ha dovuto mettere sul tavolo l’iperbolica somma di 650 milioni di dollari. A cui vanno aggiunti 930 milioni per rinnovare lo stadio. Ma ai più scettici farà piacere sapere che due anni prima di iniziare a giocare sono già oltre ventimila le persone in lista d’attesa per un abbonament­o stagionale a Seattle, in una pista in cui di posti ce ne sono 17mila.

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