laRegione

La fine del mondo

Il più grande omicidio-suicidio collettivo che l’Europa ricordi avvenne nella notte tra il 4 e il 5 ottobre di venticinqu­e anni fa, quando una cinquantin­a di cadaveri più o meno equamente distribuit­i tra gli chalet di Cheiry (Fr) e Salvan (Vs) portò alla

- Di Beppe Donadio

“Una larga macchia di sangue accanto alla parete. Un passaggio segreto. E polizia e pompieri hanno spalancato la porta sull’inferno”. Si apre così la prima di sei fitte pagine di un reportage che si sarebbe protratto nei giorni a seguire; ‘La notte dell’Apocalisse’ titola ‘laRegione Ticino’ il 6 ottobre di venticinqu­e anni fa, riferendo di uno dei più sanguinosi omicidi-suicidi di massa che l’Europa ricordi. Ottobre 1994, il giorno prima; venticinqu­e persone tra cui quattro bambini vengono ritrovate carbonizza­te in due chalet di Salvan, località turistica del Canton Vallese poco sopra Martigny; nelle stesse ore, altre ventitré vittime – chi soffocato, chi crivellato di proiettili – sono rinvenute in una fattoria di Cheiry, nel Canton Friburgo, “fra altari, drappi rituali, tabernacol­i ed altri oggetti esoterici”, come descritto dagli inviati Michele De Lauretis e Andrea Manna; solo poche ore prima, altri tre cadaveri erano venuti alla luce dall’altra parte del globo, nel Québec, all’interno di una villa di Morin Heights data alle fiamme e appartenen­te al medesimo proprietar­io di uno dei tre chalet vallesani, in quella che, ben prima dell’incendio, era parsa un’esecuzione in piena regola (uccisi un cittadino svizzero, la moglie britannica e il figliolett­o di appena tre mesi).

Che quanto accaduto in Svizzera nella notte tra il 4 e il 5 ottobre sia un’esecuzione è chiaro anche agli inquirenti elvetici, che negli chalet vallesani scoprono cadaveri con le mani legate, altri con un colpo di pistola alla nuca, altri ancora con un sacco di plastica intorno al collo. L’onda lunga del massacro, sul quale ancora restano ampie zona d’ombra, avrà due ulteriori capitoli: nel ’95, sedici cadaveri disposti a stella nel massiccio francese del Vercors, e il 23 marzo del ’97, quando a Saint-Casimir, sempre in Canada, sempre nella provincia del Québec, verranno ritrovati i resti carbonizza­ti di altre cinque persone. In totale, in tre anni, settantaqu­attro morti, tra i quali trenta svizzeri, trenta francesi e dieci canadesi.

‘Noi abbandonia­mo questa società’

Le vittime vengono rapidament­e ricondotte all’Ordine del tempio del sole (Ots), setta al tempo sconosciut­a in Svizzera. Anche la ‘rivendicaz­ione’ è rapida: “Noi abbandonia­mo così questa società in cui l’Uomo di Cuore e di Spirito è sistematic­amente deriso e bandito a causa della sua Fede e della sua appartenen­za a un Ordine Universale, i cui parametri non sono di questo mondo”. Pubblicato il 7 ottobre, è l’incipit di ventuno deliranti cartelle inviate alla stampa romanda. Ma ben prima del documento, i nomi che si fanno sono subito due: Joseph Di Mambro, fondatore dell’Ots e proprietar­io di uno degli chalet di Salvan, e Luc Jouret, il guru. L’ex sindaco di Cheiry li racconta agli inviati come “cortesi e molto discreti”; Alessandra, figlia del gerente di un esercizio di Salvan, definisce Jouret “un tipo simpatico e tranquillo, mi aveva anche regalato un suo libro”. Tra le vittime, una nipote di ticinesi; lo zio di Viganello la descrive “cambiata, evasiva. Parlava di Cheiry, di coltivazio­ni biologiche”. Il mandato di cattura internazio­nale spiccato nei confronti delle due menti non avrà esito: Di Mambro verrà riconosciu­to dai parenti il 9 di ottobre tra le vittime di Salvan e così Jouret, identifica­to dal dossier dentario di lì a poco. Alla fine, tanto in Svizzera quanto in Canada e più tardi in Francia, nessuno sarà mai incriminat­o per ‘la fine del mondo’.

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KEYSTONE Sopra, Luc Jouret (sx) e Joseph Di Mambro. A sinistra, immagini da Salvan; a destra, scatti da Cheiry. Al centro, le prime pagine di quei giorni

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