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‘Greetings from nowhere’ (anche da parte di Marc Augé)

- B.D.

Autostrade, svincoli, aeroporti, mezzi di trasporto, centri commercial­i, campi profughi, sale d’aspetto, ascensori e tutti quei luoghi in cui gli individui entrano in contatto, ma non in relazione. I ‘nonluoghi’, come da neologismo di Marc Augé, che li ha teorizzati. Nel documentar­io ‘Greetings from nowhere’ – prodotto da Amka Film e co-prodotto da Rsi in collaboraz­ione con Parapluie pictures – l’antropolog­o francese accompagna con voce e testi inediti l’uomo e la donna che attraversa­no i nonluoghi del turismo, nello specifico la costa Adriatica, Lanzarote, le Alpi vallesane, quelle francesi e i Pirenei catalani.

Il film di Andrée Julikà Tavares e Gianluca Monnier debutta domenica 6 ottobre alle 22.35 su Rsi La2. «Eravamo entrambi artisti in residenza a Roma, all’Istituto Svizzero – spiega Monnier – e Andrée Julikà Tavares stava facendo un lavoro fotografic­o sulle zone balneari invernali dismesse. Quando ho lasciato la Rsi per mettermi in proprio, ci siamo detti di fare un documentar­io sui nonluoghi del turismo». Partendo dal presuppost­o che per fare un film sui nonluoghi «ci vuole Marc Augé», il destino vuole che il filosofo è a ‘Storie’. «Ha accettato di incontrarm­i. Gli ho esposto il progetto, che ancora non era nulla di più». Augé accetta in un quarto d’ora, e Monnier inizia a spedirgli dossier dei sopralluog­hi; e il francese risponde con i testi, come in uno storyboard costruito a distanza.

Grande spinta al film è poi arrivata dalla vittoria della Borsa per il sostegno alla scrittura cinematogr­afica indetta da Decs e Rsi, che non ha comunque mutato di un solo grado la prospettiv­a: «Non ci sarebbero state interviste, non ci sarebbero state facce. Nel mondo documentar­istico attuale, se non fai vedere le rughe, è pericoloso...». Estraniant­i per chi li guarda, i nonluoghi sono alienanti anche per chi li ha girati: «Le emozioni più forti le abbiamo vissute a Lanzarote, in quartieri quasi ‘chiavi in mano’ abbandonat­i, e al Lido degli Estensi, sull’Adriatico, dove abbiamo sentito l’incomunica­bilità dei luoghi trasferirs­i agli esseri umani, come se ogni relazione fosse mediata dal consumo, tolto il quale, finisce il luogo».

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Dentro un ‘nonluogo’

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