Mors tua, vita mea
Iniziativa in Ticino a favore della pernice bianca. Nei Grigioni lupi da abbattere
Il testo è stato depositato alla Cancelleria cantonale. Servono 7mila firme da raccogliere in 100 giorni.
‘Lasciamo vivere la pernice bianca’. Si spiega da sola l’iniziativa popolare legislativa presentata ieri dai suoi venti promotori guidati da Piergiorgio Vanossi e Tamara Merlo, granconsigliera di Più Donne venuta dalle fila dei Verdi. L’iniziativa depositata alla Cancelleria dello stato punta a una modifica della Legge cantonale sulla caccia, aggiungendo il volatile a rischio di estinzione nella lista delle specie protette. Questo ne impedirebbe definitivamente la caccia. Servono però settemila firme da raccogliere entro 100 giorni dalla pubblicazione del testo nel Foglio ufficiale. Dopo di che toccherà al Gran Consiglio esprimersi e successivamente ai cittadini. L’iter è lungo. La pernice bianca, che a causa del surriscaldamento climatico ha visto il suo habitat naturale – nevai e ghiacciai – ridursi e spostarsi sempre più in alta quota, conta in Ticino una popolazione esigua, in diminuzione del 46% dal 1996 (contro il 13% a livello svizzero). L’animale è sulla lista rossa dell’Ufficio federale dell’ambiente dal 2010, che la definisce “specie potenzialmente minacciata”. Vanossi, presidente onorario Wwf ticino e fondatore di Ficedula, specifica: «Noi non abbiamo niente contro i cacciatori. Loro soddisfano la loro passione perché la legge lo permette». Merlo aggiunge: «Si tratta di dare una speranza di sopravvivenza in più alla pernice. Probabilmente non sono i cacciatori a costituire la principale minaccia, ma anche quelle poche uccisioni riducono moltissimo le possibilità di sopravvivenza della specie».
La polemica
Dopo una moratoria di due anni che ne ha sospeso la caccia, negli ultimi mesi la pernice bianca non si è più trovata nel mirino dei cacciatori. In compenso è finita in quello della politica e delle associazioni di categoria, che sulla questione non ci hanno risparmiato i toni più polemici. Riassumendo: dopo che il Dipartimento del Territorio (Dt) aveva imposto la moratoria, la Federazione dei cacciatori ticinese (Fcti) aveva presentato un ricorso al tribunale federale contro la decisione governativa. Suscitando le ire del direttore del Dt Claudio Zali, che il 6 settembre su ‘laRegione’ aveva accusato i cacciatori di “abbattere per divertimento una specie che si trova in difficoltà”. Un “brutto segnale” secondo Zali, che aveva parlato di “capriccio” e sostenuto che gli “animali uccisi (solo una quindicina nel 2018, ndr) non vengono neppure mangiati: nel migliore dei casi sono impagliati, oppure gettati via”.
L’ira dei cacciatori
Il presidente della Fcti e consigliere nazionale Ppd Fabio Regazzi, paragonato da Zali al presidente statunitense Donald Trump nel suo presunto ostinarsi a negare il problema, aveva subito ribattuto sostenendo “l’inesistenza di motivi d’urgenza tali da legittimare l’adozione del provvedimento senza alcuna preventiva consultazione né dei cacciatori, né delle associazioni protezioniste e nemmeno dell’Ufficio caccia e pesca”, il cui rapporto annuale evidenziava una stabilità nel numero di pernici in Ticino e proponeva quindi di mantenere il permesso di cacciarle (Zali non aveva risparmiato critiche neppure all’ufficio, accusandolo di assecondare le pretese dei cacciatori “per amor di pace”). “Un abuso di potere”, secondo Regazzi, che ha ribadito come non si potessero trattare “i cacciatori ticinesi alla stregua di gentaglia irrispettosa e infantile”.
Ora all’orizzonte si profila l’iniziativa popolare. «Questa notizia non ci fa assolutamente piacere», risponde Regazzi. «Ha però il merito di aprire un dibattito trasparente sia in sede politica, sia nell’opinione pubblica», precisa Regazzi. «L’iniziativa legislativa è uno strumento previsto dalla Costituzione e chi si oppone potrà spiegare bene le proprie ragioni. Come Federazione abbiamo dovuto adire il Tribunale federale contro una decisione del direttore del Dipartimento del territorio (il divieto di prelievo della pernice bianca, ndr) che riteniamo d’imperio e non frutto di discussione tra le parti coinvolte». «Discussione, tra l’altro, prevista dalla legge», conclude Regazzi.