Fiume Tresa, al via progetto triennale Ticino-Lombardia
L’obiettivo dell’iniziativa Interreg è la riduzione del rischio e dell’impatto, il monitoraggio dei fenomeni naturali e la definizione di un protocollo operativo transfrontaliero in caso di crisi
Di acqua sotto i ponti – è il caso di dirlo – dai primi accordi n’è passata tanta. Era il 17 settembre del 1955 quando fu approvata la Convenzione italosvizzera per la regolazione del Ceresio. Oggi, a oltre a sessant’anni di distanza, Ticino e partner italiani continuano a promuovere iniziative comuni a favore delle due parti. L’ultima in ordine di tempo, presentata ieri a Lavena Ponte Tresa, è “A cavallo del fiume Tresa: prevenzione e gestione comune delle emergenze”. «Un ulteriore e importante tassello – hanno detto i rappresentanti del Dipartimento del territorio (Dt) – che contribuirà a migliorare le condizioni di sicurezza in caso di piena del fiume».
Sì, perché il fiume Tresa rappresenta da secoli il confine naturale fra terre confederate e lombarde. E già nel Settecento ci furono le prime discussioni in merito alla regolazione del lago. Negoziati ripresi poi con vigore più deciso a inizio Novecento e bloccatisi di fatto a causa degli eventi bellici dei due conflitti mondiali. «È un progetto che non nasce ora e non finisce fra tre anni (ossia al termine della sua durata, ndr)» puntualizza infatti Laurent Filippini, capoufficio Corsi d’acqua del Dt.
In questi ultimi decenni già molto è stato fatto, da entrambe le parti, per garantire la sicurezza attorno alla Tresa. In particolare, sono due gli eventi più recenti che hanno portato alla decisione – circa un anno e mezzo fa – di presentare richiesta congiunta per il progetto Interreg: la grossa alluvione del novembre del 2002 e quella, fortunatamente con conseguenze meno gravi, dello stesso mese di dodici anni dopo. Nel primo caso, la strada provinciale 61 fu interrotta per un periodo prolungato e furono necessari interventi urgenti per garantire la sicurezza del territorio e opere di ripristino su entrambe le sponde.
Due rampe per compensare le erosioni
«A seguito delle piene – spiega Filippini –, c’è stata un’erosione di circa 2,5 metri». Questo ha aumentato i pericoli per l’area. Gli studi geologici hanno ipotizzato diversi scenari, “che includono anche la formazione di un’occlusione della sezione di deflusso del fiume a seguito della frana (a Cadegliano-Viconago nel 2000, ndr) e, in caso estremo, una tracimazione e conseguente ondata di piena, con possibili danni alle persone e alle cose”. «Per compensare queste erosioni realizzeremo delle opere di stabilizzazione del fondo dell’alveo: due rampe, vicino all’imissione del Lisora (affluente della Tresa, a Madonna del Piano, ndr)». Si recupererà in tal modo circa un metro di quanto è stato eroso. Una quantità sufficiente per salvaguardare anche i pozzi di captazione dai quali si pesca l’acqua per il Malcantone. Delle due rampe, quella a monte sarà di competenza del Dt e verrà realizzata nel 2021/2022, mentre di quella più a valle – che sarà costruita già nel 2020 – si occuperà l’Agenzia interregionale per il fiume Po. «Da parte svizzera abbiamo un budget di 400’000 franchi per la progettazione, ma la realizzazione sarà finanziata con altri mezzi» aggiunge il responsabile del Dt. Quel che resta del denaro verrà investito nei prossimi tre anni per allestire un piano di gestione in caso di emergenza e per perfezionare un sistema di monitoraggio della frana «che condividiamo con l’Italia e che serve per avere informazioni anticipate in caso di movimento per prendere così delle decisioni giuste a salvaguardia della popolazione».