L’ayatollah mette il cappello sulla protesta irachena
Baghdad – Oltre cinquanta morti e la benedizione dell’ayatollah. In Iraq le vittime nelle proteste contro il carovita si contano ormai a decine, e sulle manifestazioni si è stesa la mano benevolente e interessata dell’ayatollah Ali Sistani, massima autorità sciita nel Paese. Il governo ha cercato di reagire promettendo non meglio precisate “riforme”. Il premier Adel Abdel Mahdi, originario di Nassiriya, uno degli epicentri delle proteste, ha detto che “la bacchetta magica non esiste” ammettendo la legittimità delle richieste dei manifestanti.
Ma è soprattutto il tentativo del clero sciita di mettere il proprio sigillo sulle proteste a inquietare l’esecutivo. Ali Sistani si è espresso a favore delle proteste e ha criticato le autorità politiche per la gestione repressiva delle manifestazioni. “Agite con la politica prima che sia troppo tardi”, ha fatto dire a un proprio emissario durante il sermone della preghiera collettiva del venerdì nella città santa sciita di Karbala.
Le proteste sono in corso in tutto il Centro e il Sud dell’Iraq, abitato in prevalenza da sciiti. Il governo, ha detto Sistani, “deve prendere misure chiare e concrete”, oppure “le proteste si faranno sempre più massicce… intervenite prima che sia troppo tardi”.
Poco dopo le dichiarazioni di Sistani, la maggiore coalizione parlamentare irachena, dominata dal leader sciita Moqtada Sadr, ha annunciato la sospensione delle sue attività parlamentari fino a quando il governo non presenterà un piano di riforme che vada incontro alle richieste dei manifestanti. Già oggi il parlamento è stato convocato in seduta straordinaria per discutere le “misure urgenti”. Tra queste, come affermano fonti parlamentari, si discuterà del taglio del 5% dei salari dei funzionari delle più alte istituzioni dello Stato a favore dei disoccupati e delle categorie più vulnerabili della società. Si prometteranno anche “25mila posti di lavoro a chi ha un diploma universitario”.
Intanto e in via precauzionale, tre Paesi del Golfo – Qatar, Kuwait e Bahrein – hanno invitato i loro cittadini a non recarsi in Iraq.