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Delitto di via Valdani, periti a confronto

- Di Stefano Lippmann e Andrea Manna

Una spranga. Oppure no: una spranga e un oggetto tagliente. Un ‘dubbio’ che, una volta dissipato, darà elementi concreti alla procuratri­ce pubblica Marisa Alfier per la chiusura delle indagini su quello che è balzato agli onori della cronaca come il delitto di via Valdani. Per fare ciò – entro la fine del mese – tre periti giudiziari, tra cui il medico legale, saranno messi a ‘confronto’, in presenza della pp e degli avvocati, proprio per capire quale delle ipotesi certifiche­rà la sorte, giudiziari­a, di Pasquale e Mirko Ignorato. Padre e figlio che, la sera del 27 novembre 2015 nell’autosilo di via Valdani a Chiasso, uccisero il 73enne Angelo Falconi per una faccenda di pigioni arretrate, di affitti scoperti. Pasquale, sin dai primi interrogat­ori svolti dopo la sua estradizio­ne in Ticino – è stato arrestato a Ercolano, in provincia di Napoli, dopo una latitanza durata qualche giorno – dichiara la ‘paternità’ del gesto. Il 53enne – patrocinat­o dall’avvocato Marco Bertoli, – avrebbe brandito la spranga e ucciso l’imprendito­re. Di chi sia stata la ‘mano’ spetterà all’inchiesta stabilirlo. La seconda perizia – allestita dal professor Tony Fracasso dell’Ospedale Universita­rio di Ginevra – fa però emergere la compatibil­ità delle ferite con l’utilizzo di un solo strumento atto a offendere: la spranga ritrovata diversi mesi dopo il delitto in un cespuglio posto al lato di una strada non distante dall’autorimess­a. Non è di questo avviso la terza perizia, sempre ordinata dalla procuratri­ce pubblica. O meglio: dalle risultanze non si esclude che, sulla scena del delitto, possa esserci stata una seconda arma, in questo caso da taglio. Un coltello, si sospetta, mai ritrovato dagli inquirenti. Due delle ferite trovate sulla vittima – secondo l’esperto romano Enrico Bottone – non sarebbero state prodotte dalla sbarra di ferro, bensì da un oggetto tagliente. Se così fosse, la posizione di Mirko Ignorato – figlio 25enne di Pasquale, difeso dall’avvocato Elio Brunetti –, cambierebb­e. Il suo ruolo nell’autosilo di via Valdani, secondo la tesi accusatori­a, quella sera di novembre sarebbe stato più ‘attivo’. Con più responsabi­lità. E, qualora le armi utilizzate siano due, non è da escludere che possa essere ipotizzato un reato più grave: in tal caso, nei parcheggi sotterrane­i padre e figlio non sarebbero andati al solo scopo di intimidire Falconi. La parola, a questo punto, ai periti i quali, uno di fronte all’altro, dovranno spiegare il perché si sia arrivati a conclusion­i diverse.

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Due armi. O forse una

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