Più ricette per la priorità lavoro
In vista delle elezioni federali tornano i dibattiti organizzati da ‘laRegione’. A inaugurarli, tra frontalieri e casse malati, tra pensioni e preferenza indigena ‘light’, i candidati al Consiglio degli Stati e al Consiglio nazionale Greta Gysin (Verdi), Marco Chiesa (Udc) e Marina Carobbio (Ps).
Un dato di fatto recente è l’ulteriore aumento dei frontalieri, che ha toccato un nuovo record, soprattutto nel terziario. È un dato che preoccupa voi tutti indipendentemente dal colore politico. Iniziamo da Marina Carobbio. C’è un ceto medio preoccupato che si sente più rappresentato dai partiti diciamo di destra. Come difendere i posti di lavoro e i salari di fronte all’aumento dei frontalieri? Carobbio: Staremo a vedere il 20 ottobre se questo ceto medio si sentirà più rappresentato o meno dai partiti di destra. Sono entrata in Consiglio nazionale nel 2007 e ho fatto tanti atti parlamentari proprio sul tema del dumping salariale, per rafforzare le misure per evitare un abbassamento dei salari, per più controlli e più sanzioni. E ho fatto anche un atto parlamentare che è stato votato tra 2013 e 2014 per chiedere un postulato per vedere quali misure si potevano adottare per evitare la sostituzione di persone in particolare nel terziario. Devo dire che questo postulato, purtroppo, è stato bocciato dai miei colleghi. Al Consiglio nazionale l’hanno votato solo i socialisti, i verdi e forse qualche popolare democratico. Era una proposta concreta come erano concrete delle proposte che ho fatto per regolare il lavoro su chiamata e quello interinale. Inoltre ho sempre sostenuto l’introduzione di un salario minimo cantonale. Penso che questa sia una delle misure più importanti. E qui vediamo il tergiversare del Parlamento cantonale che non dà seguito a una decisione popolare. Ci vuole un’estensione dei contratti collettivi di lavoro, e anche questa l’ho chiesta, adesso abbiamo fatto dei piccoli passi avanti ma sono veramente piccoli.
Greta Gysin, lei è una degli artefici dell’iniziativa popolare sul salario minimo approvata nel giugno del 2015. È passata una legislatura e ancora niente. Come se lo spiega? Gysin: Semplicemente perché abbiamo delle maggioranze sbagliate in Parlamento. Al di là di questo, è un fatto molto grave perché vuol dire che non si rispetta la volontà popolare in una democrazia. Questo è assolutamente gravissimo. Il salario minimo può essere una parte della soluzione perché quello a cui assistiamo è una sostituzione di personale. Non perché siano più competenti o perché portino chissà quali altri benefici, ma perché costano meno. Introducendo un salario minimo togliamo questo vantaggio economico per l’assunzione di personale frontaliero e andiamo a vantaggio dei lavoratori residenti.
Marco Chiesa ha sentito cosa ha detto Carobbio? Voi dell’Udc vi siete messi di traverso su alcune misure per arginare l’afflusso e l’aumento dei frontalieri. Cosa replica? Chiesa: Il postulato in primo luogo è una richiesta di avere un rapporto sulle misure collaterali, che hanno dimostrato di essere un grande fallimento. Noi abbiamo firmato un accordo, quello sulla libera circolazione, già con delle misure accompagnatorie. Misure che prevedono semplicemente la possibilità di stipulare o di sottoscrivere contratti normali di lavoro e di poter estendere i contratti collettivi. Io sono artefice di una iniziativa parlamentare per estendere a tutto un settore i contratti collettivi anche quando non raggiungono il quorum (il 50 per cento dei datori di lavoro e il 50 per cento dei lavoratori). Sinceramente non credo che queste siano le soluzioni. La soluzione è quella di disdire l’accordo sulla libera circolazione delle persone. L’iniziativa ‘Contro l’immigrazione di massa’ accettata il 9 febbraio 2014 proponeva tetti massimi, contingenti e preferenza indigena. Penso che la gente voleva questo. L’iniziativa non è stata applicata. Si è semplicemente introdotta una ‘preferenza light’ che dice ai datori di lavoro: ‘Se avete un posto a disposizione notificatelo all’Ufficio regionale di collocamento’. Presso l’Urc possono iscriversi gli svizzeri, gli stranieri residenti, ma anche i frontalieri e gente dall’estero che vuole venire a lavorare da noi. Allora, se noi non fermiamo questa inondazione con una diga non saranno certo i salari minimi a poterlo fare. Io non sono per nulla contento del tergiversare della politica. Posso non condividere il salario minimo, ma visto che il cittadino ticinese ha votato sì, bisogna implementare. Ma è vero che l’iniziativa dei Verdi diceva che bisognava implementare i salari minimi per settore e non proponeva a che livello.
Sta dicendo che è inattuabile? Chiesa: No, non dico che è inattuabile, dico che la proposta di per sé stessa necessitava comunque di un periodo di gestazione perché non c’è scritto ‘lo fissiamo a 20, 21 o 25 franchi’.
Gysin: Non lo abbiamo specificato nell’iniziativa perché sapevamo benissimo che se l’avessimo fatto i cittadini non l’avrebbero accettata. L’iniziativa chiedeva un salario dignitoso, ovvero un salario che ti permette di vivere senza gli aiuti sociali. Il problema è che la Commissione della gestione discute – l’abbiamo letto sui media – se 19,25 franchi sia un salario dignitoso. Il che significa qualcosa come 3’400 franchi al mese. Ora io sfido chiunque, in Ticino, con una famiglia a vivere con 3’400 franchi al mese. Questo è il problema, non è il testo dell’iniziativa che poteva essere fatta in altra maniera. Il popolo ticinese ha approvato un principio che è quello del diritto a un salario dignitoso come diritto sociale. E la Commissione della gestione, perché ci sono dentro le maggioranze sbagliate, non vuole attuare la volontà popolare.