Pillole al computer
La Fondazione Ibsa organizza un forum su intelligenza artificiale e ricerca farmaceutica L’apprendimento automatico può aiutare ad affrontare malattie rare e neglette, ci spiega il ricercatore Sean Ekins, tra gli ospiti del convegno che si terrà domani a
Un po’ ci stupisce, un po’ ci preoccupa, e un po’ non ci facciamo neanche più caso, all’intelligenza artificiale, a computer che non si limitano a fare calcoli ma risolvono problemi. Come quelli delle terapie: trovare nuovi farmaci – o scoprire nuove applicazioni di quelli vecchi come ci spiega Sean Ekins, uno dei relatori del convegno che la Fondazione Ibsa per la ricerca scientifica ha organizzato, in collaborazione con l’Istituto Dalle Molle e Farma Industria Ticino. Il forum “How Artificial Intelligence can change the pharmaceutical landscape” si terrà al Lac domani dalle 13.30 alle 17.30. Alle 18.30 avremo invece un incontro aperto al pubblico con Boas Erez, rettore dell’Usi, Alessandro Curioni, direttore dei laboratori di ricerca Ibm a Zurigo, e il sociologo Francesco Morace. Info: ibsafoundation.org. Prima domanda: chi è Sean Ekins? Come è arrivato a unire ricerca farmaceutica e intelligenza artificiale? Sono Ceo e fondatore di una piccola azienda con sede a Raleigh, in North Carolina. Ho vissuto negli Stati Uniti per 23 anni e ho lavorato in diverse aziende farmaceutiche grandi e piccole. Inizialmente sono arrivato per un postdoc nei laboratori di Eli Lilly lavorando sul metabolismo, poi sono andato alla Pfizer e di nuovo alla Eli Lilly per coordinare le ricerche su metabolismo e tossicologia. In seguito ho lavorato per alcune piccole start-up.
Ho iniziato a lavorare sulla chimica computazionale nel 1996, durante il mio postdoc. Il mio primo modello di apprendimento automatico o intelligenza artificiale è stato sviluppato in quel periodo, iniziando a pubblicare intorno al 1999. Lavoravo anche in laboratorio per produrre dati per i modelli. La sfida, allora, era la mancanza di dati con cui costruire modelli computazionali: dovevamo ottenerli, o da soli o raccogliendoli da molte pubblicazioni di altri.
Può descrivere la ‘vecchia scuola’ di ricerca farmacologica e come l’intelligenza artificiale la sta cambiando? Non parlerei di “vecchia scuola”: si tratta sempre di capire come ottenere un trattamento per una particolare malattia e come ci possiamo assicurare che questo trattamento funzioni e non abbia effetti indesiderati.
Ovviamente nel corso dei decenni il modo in cui lo abbiamo fatto si è evoluto. In linea di massima: cento anni fa facevamo affidamento su prove ed errori e osservazioni cliniche, oppure su trattamenti usati e rimedi naturali tramandati da generazioni. Poi, negli anni 50, siamo passati ai test di questi “farmaci” sugli animali per vedere se fossero tollerati. Poi, negli anni 80, i test in vitro sono diventati più diffusi, per via delle pressioni per ridurre l’uso della sperimentazione animale. Negli anni 90 abbiamo iniziato a vedere se potevamo usare modelli computazionali. Negli stessi anni si stava affermando lo screening ad alto rendimento, quindi siamo stati in grado di ottenere set di dati più grandi. L’intelligenza artificiale e l’apprendimento automatico ci permettono di testare meno composti. Siamo in grado di prevedere cose come la loro bioattività, la possibile tossicità eccetera. Applichiamo questi approcci in molti dei nostri progetti, comprese le malattie rare.
Ci sono attività – penso alle sperimentazioni cliniche – che l’intelligenza artificiale non potrà sostituire? All’inizio degli anni 2000 c’era molto interesse per la simulazione di studi clinici, o l’utilizzo della “biologia dei sistemi”, quindi penso che tali approcci potrebbero essere utili. Di recente ho fatto da revisore per articoli scientifici nei quali sono stati utilizzati tali approcci. L’apprendimento automatico è usato praticamente ovunque nella scoperta e nello sviluppo di farmaci: se ci sono dati di qualche tipo, possiamo crearne un modello.
Malattie neglette. Il problema è soprattutto economico: si tratta di malattie che colpiscono persone troppo povere per giustificare le spese della ricerca. L’intelligenza artificiale come può risolvere, o alleviare, questo problema?
C’è sicuramente meno denaro da spendere per queste malattie, quindi se possiamo sfruttare i dati di tutti gli studi condotti nel corso degli anni possiamo forse identificare nuovi farmaci in modo più conveniente. Abbiamo adottato questo approccio in particolare per la malattia di Chagas, una malattia parassitaria molto comune nel Sud America, e per l’Ebola, della quale c’è un focolaio nella Repubblica Democratica del Congo. Costruendo modelli di apprendimento automatico con dati in vitro, siamo stati in grado di filtrare migliaia di farmaci per identificare molecole per i test in vitro e poi in vivo. Ciò può anche offrire un percorso più rapido, se si tratta di farmaci approvati per altre malattie, un approccio chiamato “riposizionamenti dei farmaci”.
Il tempo è in effetti un altro fattore importante. L’intelligenza artificiale può aiutare anche qui?
Un possibile impatto riguarda le fasi iniziali della ricerca: trovare buoni punti di partenza, composti ottimizzati da cui iniziare. Ma ciò può ridurre solo leggermente i tempi; la vera differenza la si può fare negli studi clinici: aiutare a progettare studi migliori, selezionare migliori sottogruppi di pazienti. Penso che l’unico modo per svolgere più rapidamente attività di ricerca e sviluppo sia di riutilizzare vecchi farmaci per nuovi usi oppure lavorare su malattie rare che potrebbero non necessitare di studi clinici così estesi.
Una cosa che non abbiamo tentato è collegare tutti i diversi modelli di apprendimento automatico per le diverse fasi di ricerca e sviluppo. Potrebbero essere collegati in modo da utilizzare i modelli durante tutto il processo?
Che impatto hanno i brevetti sul vostro lavoro?
Per i progetti di riposizionamento di farmaci, ci concentriamo principalmente sull’Orphan Drug Designation Program della Food and Drug Administration statunitense che garantisce un’esclusiva se si arriva a un farmaco approvato. Abbiamo depositato domanda per brevetti provvisori per la maggior parte dei progetti che non hanno comportato intelligenza artificiale e apprendimento automatico. E pubblichiamo i nostri lavori, così da condividere la maggior parte dei dati in modo che altri possano basarsi su di essi per le loro ricerche.