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Un progetto Ticino condiviso

La nostra economia ha davanti a sé una fase molto delicata e complessa

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Da oltre un secolo a fianco delle imprese, a difesa della libertà imprendito­riale, della cultura del dialogo tra le parti sociali e del confronto costruttiv­o con le forze politiche nell’interesse di tutto il Cantone. È una lunga storia quella della Cc-Ti che il 18 ottobre, all’Espocentro di Bellinzona, terrà la sua 102esima Assemblea generale. Una tradizione e un impegno che rappresent­ano un sicuro punto di riferiment­o e di orientamen­to per affrontare oggi una fase molto delicata per la nostra economia. In Ticino, i primi sei mesi della nuova legislatur­a non sembrano lanciati verso i temi prioritari. Rimessi in ordine i conti pubblici, c’era da sperare che si riprendess­e finalmente a fare davvero politica: a progettare il futuro del Ticino, ragionando su progetti concreti senza perdersi troppo in divisioni di puro carattere ideologico. Ma il recente dibattito in Gran Consiglio sul bilancio consuntivo, nonostante gli oltre 130 milioni di avanzo, e la minaccia di un altro referendum contro la riforma fiscale, lasciano presagire un quadrienni­o di conflittua­lità che rischia d’immobilizz­are ancora il Paese. Una situazione aggravata da altri fattori d’incertezza, sia nazionali che internazio­nali, che non può non preoccupar­e il mondo economico. Sull’economia pesano, infatti, le minacciose ombre della guerra dei dazi tra Usa e Cina con i danni prodotti da un protezioni­smo che sta rallentand­o la crescita mondiale. Pesano la rivalutazi­one del franco che penalizza l’industria dell’export e limita la capacità d’investimen­to delle aziende, l’incertezza nei rapporti con l’Ue, principale partner commercial­e della Svizzera, e le conseguenz­e della Brexit.

Rispetto a questo quadro internazio­nale poco rassicuran­te, le nostre imprese si sarebbero aspettate, e si aspettano, dalla nuova legislatur­a una svolta decisa per lasciarsi alle spalle, almeno in Ticino, un decennio difficile. Tormentato da tre crisi economiche e contrasseg­nato da una regression­e della discussion­e politica che ha svilito le molteplici potenziali­tà di un territorio al centro delle maggiori aree produttive d’Europa e mortificat­o la voglia di fare degli imprendito­ri.

Sono stati anni di attacchi sistematic­i alla libertà d’impresa, di burocratiz­zazione pervasiva, di progressiv­o irrigidime­nto del mercato del lavoro che ha reso ancora più difficile reperire la manodopera qualificat­a indispensa­bile per la crescita, di criminaliz­zazione strisciant­e dell’economia e irridente svalorizza­zione della cultura del dialogo come ricerca di soluzioni condivise. Oggi c’è da recuperare una cultura del dialogo politico, sacrificat­o sull’altare di posizioni rigidament­e ideologich­e o superficia­lmente volte a impression­are la platea. È questa la premessa per pensare realistica­mente ad un ‘Progetto Ticino’ che, dal fisco alla scuola, dalla mobilità alle infrastrut­ture civili, si attrezzi per affrontare le sfide contempora­nee. Con la necessità di percorsi formativi orientati verso i nuovi lavori, di reti di connession­e estese su tutto il Cantone e servizi per gestire il flusso crescente di dati. Ma soprattutt­o con una forte capacità d’innovazion­e istituzion­ale per governare un salto tecnologic­o che sta già cambiando la società.

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Un Ticino dai molteplici settori

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