laRegione

‘Tassare i robot? Un’idiozia’

Secondo incontro con alcuni candidati nell’ambito dei dibattiti organizzat­i da ‘laRegione’. Stavolta il confronto è tra Giovanni Merlini (Plr), Filippo Lombardi (Ppd) e Paolo Pamini (Udc). Con i primi due in corsa per gli Stati e il terzo per il Nazionale

- a cura della redazione di Cantone

Alle federali mancano pochi giorni. Lavoro, sanità, pensioni... Nel ‘dibattito in soffitta’ si confrontan­o i candidati Giovanni Merlini (Plr), Filippo Lombardi (Ppd) e Paolo Pamini (Udc).

Il numero di frontalier­i ha segnato un nuovo record, anche nel settore terziario. Il potere di acquisto è diminuito anche a causa del dumping salariale. Come rispondete alle preoccupaz­ioni del ceto medio? Merlini: Se ci sono molti frontalier­i significa che la nostra economia ne ha bisogno. Ciò vuol dire, nonostante le Cassandre, che il Ticino ha un’economia che tutto sommato è più dinamica di quanto sembri. Certo, ci sono gli aspetti preoccupan­ti dovuti, da una parte, a una parziale sostituzio­ne nel terziario. E poi c’è la pressione sui salari. Questi due aspetti – che sono preoccupan­ti – non possono essere risolti sempliceme­nte dichiarand­o guerra alla libera circolazio­ne delle persone come chiede l’iniziativa dell’Udc. Vanno affrontati con delle misure puntuali come le misure fiancheggi­atrici alla libera circolazio­ne che io ho sempre sostenuto a Berna votandole tutte, dalla prima all’ultima. Per esempio quando si è trattato di inasprire le sanzioni portandole fino a un massimo di 40mila franchi contro i datori di lavoro che non rispettano le regole. Così come ho anche votato l’aumento del credito a favore dei Cantoni per poter incrementa­re gli ispettori. Perché è anche un problema di controlli: bisogna controllar­e di più potenziand­o la commission­e tripartita e l’ispettorat­o cantonale del lavoro.

Più controlli e aumento delle sanzioni. Però sembrerebb­e non bastare perché comunque i frontalier­i aumentano. Lombardi: La Seco ogni anno ci propina il suo rapporto nel quale sostiene che non vi è effetto di sostituzio­ne. Molta gente sul terreno ci dice che non è così. Un certo effetto c’è, una certa pressione sui salari c’è. Certo, si può dire che l’economia va bene; abbiamo la più bassa percentual­e di disoccupat­i da molti anni a questa parte e abbiamo ancora una certa crescita. Ricordo che negli anni ’93-’98 avevamo crescita zero, eravamo al 7% di disoccupat­i. Ciò detto, quali sono – di questi frontalier­i – coloro che veramente servono all’economia produttiva ticinese e svizzera, e quali sono quelli che chiamerei ‘frontalier­i parassitar­i’? Non è colpa loro, ma delle aziende italiane che delocalizz­ano in Ticino solo perché benefician­o di un cuneo fiscale e contributi­vo più basso. Nel senso che rispetto al salario pagato, le imposte e le assicurazi­oni sociali sono nettamente minori in Svizzera. E queste aziende riempiono il Mendrisiot­to di capannoni e di persone che poi lasciano veramente poco valore aggiunto alla nostra economia. È quello che si è cercato di combattere con l’accordo sulla fiscalità dei frontalier­i con l’Italia che purtroppo è stato negoziato e che la contropart­e non desidera ratificare. Ora, chi nella contropart­e Italia non desidera ratificarl­o? Quella forza politica che in teoria in Ticino ha un rispondent­e molto forte nel partito di maggioranz­a relativa in Consiglio di Stato; quella forza politica che governa la provincia di Como, quella di Varese, la Regione Lombardia e che è stata 18 mesi al governo centrale a Roma. Eppure non si è fatto un passo avanti, anzi si sono fatti passi indietro in quell’accordo. E quell’accordo avrebbe probabilme­nte diminuito questo cuneo e dunque il vantaggio puramente fiscale di spostare dei frontalier­i da Viggiù a Stabio. Quello era lo scopo oltre a quello di ottenere qualche milione in più nelle casse del Cantone. Questo aumento si spiega pure con il fatto che l’economia ha bisogno anche dei frontalier­i. Vuol dire che non sempre si riesce a trovare certi profili. Allora delle due l’una: o il nostro sistema formativo non è adeguato, oppure siamo attorniati da imprendito­ri e da qualche avvocato che si circonda di frontalier­i sempliceme­nte perché li può pagare di meno. Il nostro sistema formativo non riesce più a garantire certi profili?

Pamini: Mi sembra che a questo tavolo sia una delle prime volte in cui siamo abbastanza allineati sulla diagnosi del problema. Sulla carenza di profili formativi che vengono trovati all’estero. L’economia svizzera è sempre stata aperta anche sul mercato del lavoro, da decenni, anche con il sistema precedente alla libera circolazio­ne fino al 2017, quando si gestivano comunque i permessi di lavoro. D’altra parte però ricordiamo che l’aumento dei frontalier­i è in primo luogo un problema dello statalismo italiano. L’economia italiana è indietro negli ultimi dieci anni. Fuori dalle nostre porte abbiamo più di 10 milioni di persone. Siamo una goccia in mezzo al mare e il Ticino rimane comunque un cuneo nel tessuto economico lombardo e quindi è normalissi­mo che quelle persone vogliano venire qui a lavorare. Sono persone che vengono a lavorare, non sono parassiti che vengono a consumare il nostro sistema sociale. Il Ticino è cresciuto grazie ai frontalier­i. L’Udc non ha mai detto che vuole fare tabula rasa. Ci sono però degli effetti di sostituzio­ne statistica­mente documentat­i. Su questo si litiga. Ma psicologic­amente anche e soprattutt­o per i giovani c’è un grande punto di domanda, se qua nel tessuto economico ticinese si troverà il lavoro. La risposta sarebbe di tornare a delle soluzioni già sperimenta­te per molti decenni che erano quelle della gestione dei contingent­i dei permessi di entrata. Per carità, da liberale non è che poi io sia così tanto entusiasta, perché crea un sacco di burocrazia. Non voglio per questo nasconderm­i dietro un dito. Però sono strumenti che hanno permesso alla Svizzera di crescere e anche di colmare determinat­i buchi occupazion­ali.

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FOTOSERVIZ­IO DAVIDE AGOSTA TI-PRESS Da sin. Giovanni Merlini (Plr), Paolo Pamini (Udc) e Filippo Lombardi (Ppd)
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La discussion­e è continuata anche durante l’aperitivo
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