Caccia securizzata
Il Dipartimento del territorio vara un primo pacchetto di misure
La Fcti: ma con la nuova distanza minima si rischia una riduzione delle catture di ungulati
Il presidente della Fcti sulla distanza minima di 200 metri: ‘Provvedimento inefficace’. Di diverso parere Bellinzona.
Distanza minima da cui sparare, orari e indumenti per la pratica venatoria. Tre ambiti in cui il Dipartimento del territorio interviene con “un primo pacchetto di misure” volto ad accrescere il livello di sicurezza durante la caccia dopo gli incidenti accaduti in queste ultime settimane, come quello mortale nei boschi del Penz, a Pedrinate. Decisi di recente, i provvedimenti scatteranno «con l’apertura, il 23 novembre, della caccia tardo autunnale al cervo e al capriolo e di quella invernale al cinghiale: sia la prima che la seconda chiuderanno il 22 dicembre», ricorda dal Dipartimento il responsabile dell’Ufficio caccia e pesca Giorgio Leoni. «In quel periodo la pratica venatoria – aggiunge Leoni, interpellato dalla ‘Regione’ – sarà consentita il sabato e la domenica e, a dicembre, anche in un paio di mercoledì. La caccia invernale al cinghiale riprenderà a gennaio, dal 4 al 26, e solo il sabato e la domenica». Quali dunque le regole che varranno dal 23 del prossimo mese? “La distanza minima per l’esercizio della caccia (postazione del cacciatore, posizione della preda, traiettoria del proiettile) dai fabbricati abitati, dai campeggi, dai percorsi vita e dai sentieri naturalistico-didattici è stata aumentata da 50 a 200 metri – indica il Dipartimento in una nota –. Nelle zone dei piani a nord di Bellinzona e dei distretti di Riviera e Blenio, la fascia oraria per l’esercizio della caccia (dalle 7 alle 14) è stata ridotta, anticipando alle 9 l’orario giornaliero di chiusura”. Non solo: “È stato introdotto, per entrambi i tipi di caccia, l’obbligo per tutti i cacciatori di indossare indumenti ad alta visibilità (per esempio giubbotti fosforescenti)”.
Ma il Dipartimento diretto da Claudio Zali guarda già alla stagione venatoria 2020. Per la quale, scrive, “intende valutare un secondo pacchetto di misure”, sempre con l’obiettivo di “migliorare la sicurezza” di cacciatori e popolazione. «Valuteremo comunque – dice Leoni – l’impatto delle prime misure anche sulla quantità del prelievo», ovvero dei capi uccisi: «È necessario infatti trovare il giusto equilibrio per non dover fare i conti, a causa di un prelievo ridotto, con altri problemi». Quelli cioè provocati dagli ungulati all’agricoltura. «Per l’adozione del secondo pacchetto di provvedimenti – sottolinea il capo dell’Ufficio caccia e pesca – avremo in ogni caso più tempo per discuterli e concordarli con la Federazione cacciatori ticinesi». Federazione alla quale il primo pacchetto è stato sottoposto: «Abbiamo preso atto delle loro osservazioni, tuttavia il Dipartimento ha ritenuto di dover agire con una certa celerità», puntualizza Leoni.
«Come Fcti – afferma il presidente della Federazione cacciatori, Fabio Regazzi – siamo sensibili, e ci mancherebbe altro, al tema della sicurezza, a maggior ragione in seguito a questi incidenti. Tant’è che avevamo dato la nostra disponibilità a costituire un gruppo di lavoro con l’Ufficio caccia e pesca per individuare, a mente fredda, una serie di misure. Questi primi provvedimenti ci sono stati sì sottoposti, ma pochi giorni fa, con conseguente convocazione in fretta e furia del nostro comitato».
Regazzi: una scelta solo politica
Ora, l’uso obbligatorio del giubbotto fosforescente «lo avevamo già sollecitato noi, qualche anno fa». La nuova fascia oraria «può starci». Per contro, prosegue Regazzi, «consideriamo inefficace, e pertanto inutile, la nuova distanza minima. La gittata della pallottola è di qualche chilometro: aumentare da 50 a 200 metri è perfettamente inutile. Si tratta insomma di una scelta unicamente politica, che non risponde a nessuna logica in campo venatorio». Oltretutto, continua il presidente della Fcti, «lo stesso Dipartimento a suo tempo aveva portato questa distanza da 200 a 50 metri...». Di più: «Con una distanza minima di 200 metri da una struttura abitativa si finisce in Ticino per non andare più a caccia di ungulati, per disincentivare i cacciatori, con il forte rischio di ridurre di molto il prelievo di cervi e cinghiali. È una misura che mi sorprende, se si vogliono contenere, come vuole giustamente fare il Cantone, i danni all’agricoltura causati dagli ungulati, per i quali lo Stato paga ogni anno diverse centinaia di migliaia di franchi a titolo di indennizzo. Mi interrogo inoltre sulla legalità della misura, visto che il vigente Regolamento parla di 50 metri». La Federazione cacciatori contesta la distanza minima di 200 metri: provvedimento inefficace? Leoni: «Il Dipartimento ritiene che sia una misura importante perché diminuisce le probabilità di ‘interazione’ fra cacciatori e altri fruitori del territorio naturale».