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Hunziker a Lugano ‘Mai bella statuina’

La showgirl alla Manor di Lugano per presentare la sua linea di cosmetici È una Hunziker prodiga di sorrisi, ironia e tormentoni di confine: ‘Non ho preso i documenti perché tanto alla dogana mi conoscono già’

- Di Beppe Donadio

Michelle ieri mattina alla Manor di Lugano. Nel giorno dedicato alla sua linea di cosmetici, non sono mancati l’ironia, i sorrisi, i selfie, l’orgoglio rossocroci­ato e quello femminile.

Parla di Caslano, dei suoi ristoranti preferiti, della Clinica Sant’Anna «dove sono nata io e anche Aurora», scherza sull’accento e smonta l’archetipo dello svizzero puntuale e impeccabil­e, «che poi non è sempre così, e lo sappiamo bene ». Michelle Hunziker, bloccata da furgoni e furgoncini, arriva non proprio puntualiss­ima alla Manor di Lugano (a conferma, sana, di quanto detto), ma sempre nei limiti di quella che in Italia sarebbe puntualità svizzera. È il giorno della sua linea di cosmesi, condita di sorrisi (marchio di fabbrica), selfie generosi e tormentoni ‘di confine’ affidati ai social, replicati in sala con tanto di personale di sicurezza dalla recitazion­e convincent­e che le contesta il non essersi registrata all’entrata. E al termine, qualche parola con laRegione, che non guasta mai. Almeno per noi.

Michelle: digitando in rete “Personaggi famosi svizzeri”, insieme a Federer, Jean-Jacques Rousseau e Guglielmo Tell, qualche anno fa usciva soltanto Ursula Andress. Adesso insieme alla Bond-girl ci sei anche tu...

Che bello! Sono fiera di essere svizzera! La Svizzera mi ha dato tutto, l’educazione, il mio percorso scolastico. Porto nel cuore tanti ricordi, tutta quella competitiv­ità che abbiamo, noi che non molliamo mai, che siamo abituati a scalare le montagne, anche metaforica­mente. Quando vai all’estero sono tutte cose estremamen­te utili. Sei la donna svizzera più famosa che l’Italia abbia mai conosciuto. Anzi, sei tanto famosa che praticamen­te sei italiana a tutti gli effetti... Sì, però ho ancora il doppio passaporto, perché non rinnego mai la mia terra. Sono cittadina italiana, ma con passaporto svizzero.

Molti tuoi colleghi dello spettacolo che si esibiscono qui sognano un giorno di venire a viverci. E invece tu hai fatto la scelta contraria...

Ho scelto di vivere in Italia perché ci sono andata con mia mamma quando avevo sedici anni. Essendo ancora minorenne, non potevo che seguire lei, ma devo dire che questa scelta mi ha portato molto fortuna, perché l’Italia mi ha regalato tutto, la famiglia, la carriera. Sono molto grata agli italiani.

Questo significa che al contrario dei ticinesi, quando gioca la nazionale italiana non tifi contro?

Io sono sportiva. Mi piace tutto lo sport in generale e sono assolutame­nte tranquilla a dire che quando ci sono i Mondiali tifo per l’Italia, per l’Olanda e per la Svizzera, perché mia madre è olandese. E poi tifo Bergamo.

Hai raccontato di quanto fosse difficile a inizio carriera convincere che una donna potesse essere anche divertente, oltre che sedurre...

Negli anni 90, è vero, non credevano che una donna potesse far ridere, soprattutt­o se eri una donna bionda che corrispond­eva a quelli che erano i cliché di bellezza dell’epoca. Quello che ti chiedevano di solito era di fare la bella statuina, cosa che per me era impossibil­e. Pur di riuscire a trovare un varco nella comicità, o comunque nell’autoironia, accettavo la loro visione, però trovando sempre una chiusa comica. E da lì è nato il mio percorso televisivo.

Televisivo e anche teatrale, aggiungo. C’è altro in cui credi di poter essere ulteriorme­nte valorizzat­a?

Io sono curiosissi­ma, sono aperta a tutti i progetti. Penso sempre che non ci sia un progetto sbagliato, ma il progetto giusto al momento giusto e che corrispond­e con quello che tu trasmetti alla gente. E il progetto deve sempre essere vero, perché l’autenticit­à è importante in tutti gli ambiti, dalla cosmesi a ‘Striscia la Notizia’, quando faccio television­e e quando faccio teatro, e quindi sono sempre pronta ad affrontare nuove sfide.

Sei qui per la tua linea di cosmesi, è una specie di Giorno della donna: a che punto è la tua battaglia?

Se parli di ‘Doppia Difesa’, da dodici anni ha una sua quotidiani­tà nell’aiuto delle vittime di violenza attraverso un percorso legale e psicologic­o. Riteniamo importante comunicare come se ne esce, che la violenza sia psicologic­a o fisica, visto che molte donne non hanno i mezzi o molta paura a chiedere aiuto. È importante far sapere loro che non sono sole.

E intanto i telegiorna­li italiani aprono con un femminicid­io alla settimana. Dov’è, ancora, il problema?

Dopo dodici anni ci siamo rese conto che si tratta di una questione culturale, e non necessaria­mente di categoria, perché ci sono anche uomini meraviglio­si, voglio dirlo. Ma quelli aggressivi, irosi, con problemi profondi continuano ad aggrappars­i alla donna come oggetto, e nel momento in cui la donna sceglie di non esserlo più, non sanno più che pesci prendere. Quando tutto questo sfocia nella cronaca nera, poi, ci rendiamo conto che gli omicidi sono premeditat­i, progettati in modo totalmente lucido.

Come si può contrastar­e la tendenza? L’unica cosa che può salvare il futuro di uomini e donne in questo senso, secondo noi, è che le mamme e le scuole dei figli di oggi diano l’educazione giusta a femmine e a maschi per stare bene insieme, per camminare insieme, per rispettars­i nella parità dei sessi. Questa è per me l’emancipazi­one, e può solo partire da lì, dall’educazione dei nostri figli. Perché su quello che sta accadendo oggi possiamo al massimo mettere delle pezze, delle toppe. In Italia è ora in vigore una legge chiamata ‘Codice rosso’, e sta aiutando, ma se cresceremo una generazion­e di bambini e di bambine che si rispettano, consapevol­i che l’amore è luminoso, solo allora potremo dire di aver vinto.

Guarda il video su www.laregione.ch/michelle

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KEYSTONE ‘Negli anni 90 non credevano che una donna potesse far ridere’

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