‘I premi malattia non sono una polizza antincendio’
Capitolo casse malati. Siete disposti, visto che oggi si paga ormai più di cassa malati che non per l’affitto, a ripensare il sistema del finanziamento tramite la fiscalità?
Merlini: No. Se noi utilizziamo lo strumento della fiscalità per finanziare i premi di cassa malati significa che poniamo un limite, per esempio del 10% rispetto al reddito netto, oltre al quale i premi non possono salire. E questo non risolve i veri problemi che sono i crescenti costi della salute. Perché il segmento della sanità è un segmento di mercato molto particolare, dove in realtà è l’offerta che condiziona o determina la domanda. Non il contrario, come succede nel resto del mercato. Quindi è a livello di offerta che noi dobbiamo cercare di agire. E quando si parla di offerta si parla di una miriade di attori della sanità: se non si riesce a trovare una soluzione per cui ognuno fa un mezzo passo indietro almeno, non si riesce a risolvere il problema. Adesso noi abbiamo per esempio votato una mozione Humboldt al Nazionale che chiede il finanziamento unitario delle cure, sia che siano stazionarie, sia che siano ambulatoriali. Oggi sempre più cure vengono svolte per fortuna a livello ambulatoriale. Quindi vuol dire meno notti in ospedale. Il tutto avviene in una giornata e quindi cosa succede? Che i Cantoni vengono sgravati perché non devono partecipare neanche con un franco ai costi dell’ambulatoriale.
Lombardi: No, non sono d’accordo. Pamini: Bisogna avere il coraggio di dire che la Lamal è stata un errore. Non è che prima ci fosse la gente che moriva per strada. Intendiamoci, la Lamal – se andate a guardare le campagne degli anni 90 – è stata venduta come metodo per frenare l’esplosione dei premi. Però ci sono due esempi che fanno capire cosa sarebbe una sanità alternativa. Le cure dentarie e la medicina estetica sono due ambiti non coperti dalla Lamal e che la gente consuma. Guarda caso lì non c’è stata l’esplosione dei costi. Una proposta, che mi stupisce non abbia detto Merlini perché messa sul tavolo dal Plr, è di ispirarsi al sistema di Singapore: ossia fare una sorta di quarto pilastro defiscalizzato. Sappiamo che le grosse spese mediche arrivano dai 50 anni. Per le malattie croniche si può comunque fare anche un’assicurazione di Stato. Un quarto pilastro, simile al terzo, dove il contribuente versa in maniera defiscalizzata e poi inizia ad attingere lì per le cure. Le reti sociali in Svizzera le abbiamo. Se uno finisce in assistenza verrà aiutato, ma a quel punto la spesa medica diventerà veramente una scelta personale.
Come fare perché le iniziative cantonali proposte dal consigliere di Stato Raffaele De Rosa, per moderare la spesa sanitaria, non finiscano in un cassetto a Berna?
Lombardi: Lo strumento dell’iniziativa cantonale è stato usato anche troppo. Bisogna usare questo strumento a ragion veduta, magari coordinandosi con altri Cantoni con il medesimo testo. È difficile prevedere se ce la faremo stavolta. Io credo di sì perché c’è veramente una reazione, un'ondata di indignazione nel Paese per diversi motivi. Uno di questi è la mancanza totale di trasparenza e la nostra mozione (presentata anche da Merlini al Nazionale, ndr) chiede proprio che i Cantoni possano, com’era fino al 2014, avere accesso alle cifre dell’Ufficio federale della sanità pubblica in base alle quali vengono autorizzati i premi. Lo Stato non ha il diritto di dire alle casse malati: “Il tuo premio è troppo alto, devi abbassarlo oppure restituire quei 5 miliardi di riserve di troppo”. Gli attori coinvolti, inoltre, sono interessati nel toccare il minimo possibile il sistema. Ma attenzione, facciamo un piccolo esame di coscienza e diciamocelo. La gente in fondo pensa: ‘Siccome pago la cassa malati ho diritto di avere queste prestazioni’. È un po’ come dire: ‘Ho pagato 20 anni l’assicurazione incendio adesso ho diritto di bruciare la mia casa’.