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‘Sessismo e omofobia montano’

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E veniamo alle domande dal pubblico. Una signora chiede quali sono le misure concrete dei partiti sulla parità di genere?

Lombardi: Noi popolari democratic­i abbiamo dato un grande contributo a questo tema. Sono vent’anni che in Consiglio federale abbiamo donne proposte dal nostro partito.

Pamini: Francament­e non vedo un problema di parità di genere. Dati alla mano credo che le differenze salariali che ci sono, sono riconducib­ili a differenze unicamente statistich­e. E la vera causa, di cui non si vuole parlare, è che è il prezzo della gravidanza che rallenta la carriera di una donna. Noi dell’Udc siamo contrari alle quote rosa. Credo che vadano contro le donne come credo che vadano contro anche, per esempio, alle persone di altre culture. Personalme­nte le donne danno – e lo vivo anche nella profession­e – un grande contributo perché hanno tutto un altro approccio, un modo di relazionar­si con le persone che è arricchent­e. Non credo che sia compito dello Stato però promuovere ciò con delle ‘affermativ­e actions’ (imposizion­i legali a favore di minoranze discrimina­te, ndr).

Merlini: Io penso che ci sia un fenomeno di sessismo e anche di omofobia. Con attacchi anche violenti. E questo deve destare una certa preoccupaz­ione. E lì, probabilme­nte, anche la politica ha alcune possibilit­à di intervenir­e per esempio attraverso lo strumento del Codice penale. C’è anche un problema di discrimina­zione salariale che ancora non è giustifica­to da ragioni di tipo biologico, per il fatto che la donna può rimanere incinta e mettere al mondo dei bambini. Però c’è quella componente che non è giustifica­ta e che deve essere eliminata. Naturalmen­te non lo possiamo fare dall’oggi al domani perché è anche un problema di cultura aziendale. È stata adottata però una legge che obbliga i datori di lavoro con più di 100 dipendenti a stilare un rapporto annuale nel quale devono spiegare qual è il motivo delle differenze salariali tra uomo e donna nella propria impresa. E anche indicare come intendono procedere per fare in modo che queste differenze possano essere appianate nel tempo. Nell’ambito della revisione del Codice delle obbligazio­ni sulle società anonime, sono in minoranza nel mio partito (il Plr) e ho votato a favore di una regola che imponga un 20 per cento di donne nei Consigli di amministra­zione e un 30% nelle direzioni generali. E anche qui, nella misura in cui le società non riescono a raggiunger­e questi quorum, devono giustifica­re il motivo per cui non ci sono riuscite. Non è un obbligo e non è ancora la quota rosa, ma è uno stimolo a cominciare a porsi il problema anche perché, secondo me, un’impresa se ha una donna in gamba che la dirige ha solo da guadagnare.

Lombardi: Abbiamo sostenuto fortemente entrambe le proposte in Consiglio nazionale e nel Consiglio degli Stati. Credo che sia il primo passo che deve condurre a una presa di coscienza da parte delle direzioni delle aziende, dei Consigli d’amministra­zione. E questo – per ora – senza un intervento statale di controllo.

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