Il Nobel all’Africa che cambia
Oslo – “Un giovane leader africano che incarna le speranze per la fine dei conflitti e lo sviluppo di tutto il continente” ha vinto ieri il centesimo Premio Nobel per la Pace, assegnato dal Comitato di Oslo al premier etiope Abiy Ahmed. Per la sua “decisa iniziativa” che ha portato a firmare lo scorso anno l’accordo con l’Eritrea dopo oltre 50 anni di guerre. Ma anche per i suoi sforzi volti alla “cooperazione internazionale”, compresi i tentativi di mediazione nei conflitti in Sudan e Sud Sudan. Il riconoscimento e i nove milioni di corone svedesi vanno a premiare un leader che si è imposto come figura di riferimento, non solo nell’Africa nordorientale, per un percorso di uscita da una condizione di subalternità, pur tra difficoltà enormi e contraddizioni laceranti.
“Questo premio – ha detto Abiy appena informato – è una grande notizia per l’Africa, per l’Africa orientale, dove la pace è una merce molto costosa”. Nonostante i toni trionfalistici che nel settembre dell’anno scorso salutarono l’accordo sponsorizzato dall’Arabia Saudita e firmato a Gedda, le tensioni con l’Eritrea sono infatti lungi dall’essere definitivamente placate. I valichi sui mille chilometri di confine, riaperti dopo l’accordo, sono stati nuovamente chiusi, mancano ancora intese per lo sviluppo dei rapporti commerciali e l’Etiopia, che non ha uno sbocco sul mare, rimane senza alcun accesso ai porti eritrei sul Mar Rosso.
La stessa situazione interna all’Etiopia è problematica da quando le tensioni interetniche hanno ripreso ad aggravarsi. Amnesty International ha riconosciuto i progressi fatti da Abiy, avvertendo che “il suo lavoro è lontano dall’essere concluso” e augurandosi che il Nobel riesca a “spingerlo e motivarlo”.