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Erdogan non teme le minacce

Le forze armate di Ankara sono penetrate in Siria per otto chilometri. Già centinaia i morti. Evasi i primi miliziani Isis.

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Ankara – “Qualunque cosa dicano, non faremo passi indietro”. Recep Tayyip Erdogan è tutto fuorché ingenuo, e nella sua ultima replica al coro di rimproveri per l’invasione della Siria, ha infatti detto “dicano”. Quando, e se, si passerà al “facciano”, forse cambierà qualcosa. Per ora, infatti, le “minacce” non vanno oltre le parole: gli Stati Uniti, ad esempio, si limitano per ora a “incoraggia­re fortemente” la Turchia a porre fine alle azioni militari contro i curdi, minacciand­o altrimenti “severe sanzioni”, già autorizzat­e da Donald Trump. L’Europa, non parliamone. Solo l’Olanda e i Paesi scandinavi, per ora, hanno sospeso la vendita di armi ad Ankara.

Sin qui, dunque, il presidente turco può vantare l’efficacia dell’operazione militare e la propria vanaglorio­sa determinaz­ione. Lo Stato maggiore ha rivendicat­o la “neutralizz­azione” di 342 miliziani curdi in 48 ore e di essere entrato per otto chilometri in territorio siriano dal lato di Tal Abyad, pur dovendo contare i primi due “eroi” morti in combattime­nto.

Il peggio, prevedibil­mente, lo subiscono i curdi. Gli sfollati interni provocati dall’offensiva sono ormai decine di migliaia, 100mila secondo un calcolo dell’Onu. Medici Senza Frontiere ha fatto sapere di aver dovuto interrompe­re le sue attività nell’ospedale di Tal Abyad, cuore dell’offensiva turca, che serve circa 200mila persone, e ridurre altri soccorsi nella regione. Le vittime civili sono ormai decine. Anche in territorio turco, almeno nove, colpite da razzi e colpi di mortaio sparati dai combattent­i curdi verso le località di confine. La minaccia di sanzioni americane, già ventilata nei giorni scorsi da Trump in caso di superament­o dei “limiti”, è stata rilanciata dal segretario al Tesoro Steve Mnuchin, che ha spiegato che la Casa Bianca ha già dato l’autorizzaz­ione anche se “non scatterann­o subito”. Nel frattempo l’offensiva avanzerà.

E con essa crescono le preoccupaz­ioni per le possibili evasioni dei jihadisti detenuti nelle prigioni curde. Cinque sarebbero già riusciti a fuggire dopo un raid aereo turco sulla prigione di Qamishli.

Timori espressi anche da Vladimir Putin, nonostante i rapporti stretti con Erdogan. C’è il rischio che i miliziani detenuti nelle carceri curde “possano fuggire. Non sono sicuro che Ankara possa prendere il controllo della situazione”, ha detto il presidente russo, secondo cui la regione curda sarebbe più sicura nelle mani del suo protetto Bashar al Assad. Stai a vedere che Erdogan sta facendo il lavoro sporco per Damasco.

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KEYSTONE Sotto una buona stella

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