Incontrando Fazili
Hassan Fazili prende subito la parola, prima ancora che qualche giornalista possa fargli una domanda. «Desideravo trasmettere la nostra felicità, mia e della mia famiglia, e dirvi che avremo un bellissimo ricordo di Lugano». E non sono parole di circostanza, i classici ringraziamenti di chi è invitato e premiato a un festival, le sue: «Questo non è un viaggio normale, per noi: è particolare perché ha il profumo della libertà». Il suo lungo viaggio, dall’Afganistan dove i talebani l’hanno condannato a morte, all’Europa, non si è infatti ancora concluso: ufficialmente è un richiedente l’asilo in Germania e come tale non potrebbe viaggiare. «Il mio film era libero di girare da solo, io no». Ma con l’invito a un festival cinematografico, le autorità tedesche hanno concesso l’autorizzazione per il viaggio. E così eccolo a Lugano, a presentare ‘Midnight Traveler’, il documentario sul suo viaggio attraverso la rotta balcanica realizzato con smartphone, e a ritirare il Premio diritti umani del festival. Ma prima di ‘Midnight Traveler’, c’è l’Afghanistan, dove Fazili, oltre che regista, aveva una caffetteria, «dove accadeva una cosa banalissima: ragazzi e ragazze potevano sedersi uno di fronte all’altro a mangiare qualcosa – ma quello che è normale altrove, non lo è lì, e siamo stati puniti dalla polizia». Poi il film ‘Peace in Afghanistan’, la condanna a morte da parte dei talebani, la fuga da Kabul, il viaggio in Europa.
Ma, viene chiesto, si dice che i talebani siano cambiati negli ultimi anni, che adesso è possibile trattare con loro. «Non sono un politico e non posso parlare come politico, ma posso parlare da persona che vive in Afganistan» risponde Fazili. «I talebani sono un gruppo terroristico, sono persone molto aggressive che si nascondono: il tuo vicino di casa può essere un talebano, anche se si veste normalmente, hanno tagliato la barba e messo la cravatta ma il loro pensiero è lo stesso». Tornando ‘Midnight Traveler’, come ha scelto cosa mostrare e cosa no? «Avevamo centinaia di ore di riprese: abbiamo dovuto tagliare» risponde Fazili. E non tutto si può riprendere: quando temeva di aver perso la figlia, lo smartphone è rimasto in tasca «e sono felice che in quel momento invece di essere un regista sono stato un padre». Alcune scene, invece, sono state il frutto della necessità. «Quando arrivavano i passatori, erano in due o tre e nessuno in quel momento doveva sapere che io stavo filmando: se avessi accesso lo smartphone adesso non saremmo qui a fare questa intervista, ma avreste letto che tre anni fa un passatore aveva ammazzato un regista».