laRegione

Quegli alunni ‘in pericolo’

- Di Cristina Ferrari

Non solo maestro, ma anche sindaco e primo cittadino. Un ‘potere’ accentrato nel Comune, oggi di Collina d’Oro, in una sola persona per diversi anni. E il ‘potere’ si sa può anche fare male. Riverito e temuto in classe e a palazzo municipale, ma soprattutt­o fra le vie e le piazzette del borgo, dove tutti si conoscono, dove tutti sanno ma preferisco­no non dire o portare giustifica­zioni di facciata. Fino a quando alcune coraggiose famiglie si rendono conto che l’omertà di un paese può ledere alla sana crescita dei propri figli e scoperchia­no il tetto della scuola. In molti (abbiamo poi potuto appurare scavando nella ‘carriera’ del poco ortodosso docente) erano al corrente di quanto succedeva in quell’aula elementare. Un maestro ‘padrone’ che mal accettava la vivacità degli allievi e che utilizzava anche la sua posizione all’interno della comunità per colpire i più deboli minandone lo sviluppo psichico. Metodi da scuola dell’Ottocento giustifica­ti dall’insegnante a processo con giochi di parole: “Non gridavo ma alzavo la voce”, “non legavo le alunne alle sedie ma le infiocchet­tavo”, “non picchiavo ma toccavo”.

A preoccupar­e in tutto questo la mancanza assoluta di pentimento, di scuse. Ma soprattutt­o l’assenza di una mano ferma, la mano di chi avrebbe potuto, e dovuto, fermare certi metodi, dopo peraltro essere venuti a conoscenza del precedente di una multa amministra­tiva per fatti analoghi. La sua nuova condanna (prima svizzera per questo tipo di reato che vede coinvolto un docente, fatto salvo il diritto alla presunzion­e di innocenza qualora vi fosse ricorso) dimostra, purtroppo si dovrebbe dire, che vi sono profession­i che non possono esimersi dal rispetto della persona, ancor di più se bambino e confrontat­o con la necessità (e il diritto) di un’educazione valida. Non solo, il maestro di Montagnola ha fatto sì che il suo ruolo amministra­tivo comunale influisse nei rapporti con i genitori, intimiditi da tanta arroganza, la stessa mostrata davanti al giudice. Sentimenti da ‘intoccabil­e’ proferiti ancora una volta lo scorso 2 settembre, primo giorno di scuola. Lui sulle scale d’entrata, con la scusa di una visita all’archivio comunale (dove nel frattempo ha trovato impiego), guardava dall’alto al basso i bambini e le loro famiglie. Un gesto fuori luogo, palesement­e di sfida, probabilme­nte naturale per chi nella vita ha fatto del proprio smisurato ego un’arma capace di infliggere, su un lungo periodo di tempo («la verità non va mai in prescrizio­ne» ha detto una mamma) nell’animo di bambini di soli sette/otto anni dolore e frustrazio­ne.

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