Dagli scioperi per il clima a quello dei consumi
Basta auto, voli, nuovi vestiti, è necessario uno sciopero dei consumi: è questa l’unica strada per proteggere l’ambiente e affrontare veramente i cambiamenti climatici. Lo sostiene Henrik Nordborg, professore alla Hst, la Hochschule für Technik di Rapperswil (Sg), istituto della scuola universitaria professionale (Sup) della Svizzera orientale.
Non è possibile conciliare crescita economica e protezione del clima, afferma Nordborg a ‘20 Minuten’. “In una prospettiva globale, le emissioni di CO2 e la produzione economica sono collegate”. Ogni tonnellata di CO2 aumenta il prodotto interno lordo globale di circa 2’800 dollari. Secondo il fisico, molto è cambiato da quando è emerso il movimento di protezione del clima. A suo avviso i politici stanno però reagendo troppo lentamente al riscaldamento del pianeta: “Stiamo andando dritti verso una catastrofe”. Per Nordborg una via d’uscita potrebbe essere che la popolazione riduca massicciamente i consumi. “Abbiamo bisogno di uno sciopero dei consumi”, spiega. “Oggi lavoriamo per consumare sempre di più: dobbiamo uscire da questa ruota da criceto”. “Si ottiene l’effetto più diretto sul clima quando le persone smettono di prendere l’aereo, non comprano nuove auto, non mangiano carne ed evitano di comprare in continuazione vestiti”, sostiene il ricercatore. Anche il semplice passaggio alle auto elettriche non è una soluzione: la loro produzione richiede infatti parecchia energia. Secondo Nordborg uno sciopero dei consumatori sarebbe efficace e conforme alla legge: “Non è illegale rimanere semplicemente a casa”. Se un numero sufficiente di persone smettesse di consumare, molti modelli di affari non funzionerebbero più.
Samuel Rutz di Avenir Suisse, il laboratorio di idee di matrice liberale, sostiene d’altro canto che se la gente smette di consumare e di investire vi sarebbe la minaccia di un declino del benessere e dell’occupazione. “Il calo dei salari e la diminuzione della crescita porterebbero prima o poi a una contrazione del gettito fiscale. A risentirne sarebbe soprattutto lo stato sociale, che oggi è ben sviluppato. Alla fine, anche la pace sociale potrebbe essere in pericolo”.