Condanna pesante per gli indipendentisti
Madrid – Dai 9 ai 13 anni di carcere sono la pietra che la giustizia spagnola vorrebbe mettere sulle ambizioni indipendentiste catalane. Si illude. La sentenza pronunciata dalla Corte suprema spagnola contro i dodici dirigenti separatisti che proclamarono nell’ottobre 2017 l’indipendenza della Catalogna (dopo un referendum che per Madrid era e resta illegale) è infatti stata accolta a Barcellona come una nuova “dichiarazione di guerra” dello Stato centralista.
Nove leader indipendentisti sono stati condannati per il reato di sedizione. Tra questi l’ex vicepresidente della Generalitat Oriol Junqueras, che ha ricevuto la sentenza più pesante a 13 anni di carcere, la ex speaker del parlamento catalano Carmen Forcadell, e i “due Jordi”, Sànchez e Cuixart. Quattro ex ministri sono stati condannati anche per malversazione ed altri tre, gli unici che non si trovano in carcere preventivo, sono stati condannati solo per il reato di disobbedienza. A nessuno è stato riconosciuto il reato più grave di “ribellione”, per il quale l’accusa aveva chiesto 25 anni.
Poco dopo la sentenza, il giudice Pablo Llarena ha emesso, inoltre, un nuovo mandato di arresto internazionale a carico dell’ex presidente della Catalogna Carles Puigdemont, fuggito in Belgio. “Non ci fermeranno fino a quando non annulleremo tutti gli effetti della repressione e respireremo la libertà. Non c’è altra via che un nuovo referendum. Non accettiamo una soluzione basata su repressione e condanne” ha detto Puigdemont in una conferenza stampa. Dura anche la risposta dell’attuale president della Generalitat Quim Torra che ha scritto al premier incaricato Pedro Sanchez e a re Felipe VI accusando la Spagna di “aver perso credibilità”. L’esecutivo spagnolo fa muro e difende la decisione della Corte suprema. “Nessuno è al di sopra della legge. In Spagna non ci sono prigionieri politici ma piuttosto alcuni politici in prigione per aver violato leggi democratiche”, ha detto Sanchez. “Non c’è nessuna costituzione in Europa che dà la possibilità ad una regione di dichiarare l’indipendenza in modo unilaterale”, ha incalzato il ministro degli Esteri Josep Borrell.
E nonostante gli appelli di Sanchez ad aprire una nuova fase di dialogo anche in vista delle difficili elezioni del 10 novembre, le quarte in quattro anni, migliaia di separatisti sono scesi per le strade di Barcellona e in altre città catalane per protestare contro la sentenza.