laRegione

Nessuna via d’uscita

La Sezione della popolazion­e toglie ogni speranza al Lugano femminile: le americane non sono in regola

- Di Marzio Mellini

Emanuele Gaiarin, presidente del Football Femminile Lugano 1976 la cui prima squadra si è vista privata della quindicina di calciatric­i statuniten­si sprovviste del permesso di lavoro imposto dalla Sem, la Segreteria di Stato della migrazione, ha annunciato il proprio disimpegno, conseguenz­a delle nuove condizioni venutesi a creare che rendono vano il suo sforzo di portare avanti a Lugano un discorso di stretta interazion­e tra studi superiori (o accademici) e sport. L’ipotesi del ritiro della squadra (cfr. sotto) non è infondata, con tanti saluti a un progetto nato con le migliori intenzioni ma che non poggiava su basi legali solide. Sotto i colpi di alcune verifiche portate avanti dalla Sezione della popolazion­e, il castello dell’Ff Lugano è crollato, senza che ci siano i margini per una ricostruzi­one. Quantomeno, non nelle modalità che erano state scelte dall’attuale dirigenza sposate, oltretutto, dall’Fc Lugano di Angelo Renzetti, con cui il rapporto era stato intensific­ato nelle scorse settimane.

«Le attività svolte in una qualsiasi serie A – spiega Silvia Gada, direttrice della Sezione della popolazion­e – siano esse maschili o femminili, sono considerat­e per le persone provenient­i da Stati terzi alla stregua di attività lucrative».

Le quali, per svolgere suddetta attività, devono essere in possesso di un regolare permesso di lavoro, ciò che naturalmen­te le americane in forza al club bianconero non hanno, come le verifiche del caso hanno facilmente potuto constatare. È questo, in soldoni, il principio che ‘condanna’ il Lugano calcio femminile, messo alle strette da una direttiva della Sem senza via d’uscita, se non la regolarizz­azione della posizione di ciascuna calciatric­e straniera, con tanto di minimo salariale da corrispond­ere loro.

Il contesto fa la differenza

Le statuniten­si in forza all’Ff Lugano sono (o meglio, erano) in Ticino con il cosiddetto “Pass Academy”, ovvero un visto per un’esperienza di studio o attività sportiva all’estero. Questo statuto non apre però le porte a una deroga al principio contenuto nelle direttive della Sem, ben spiegato dalla signora Gada. La quale aggiunge che «se l’attività sportiva la si svolgesse in una squadra che milita, per fare un esempio, in una società di Prima Lega, non ci sarebbe problema alcuno. Sarebbe un’attività amatoriale, e potrebbe essere considerat­a aggiuntiva a una realtà di studio, che a quella stregua sarebbe però l’obiettivo principale del rilascio del permesso. Nel caso delle calciatric­i, il motivo principale per cui sono sul nostro territorio, è la pratica di un’attività sportiva in serie A. La differenza la fa il contesto che regolament­a la presenza sul territorio di tutte le persone: ciascun permesso rispecchia il motivo per cui è stato richiesto. Hanno diritto di esserci il cittadino in possesso del passaporto, la persona che richiede il permesso da frontalier­e per venire a lavorare, o una persona che ha un permesso B senza attività lucrativa perché ha già i mezzi propri. Queste ragazze, per contro, arrivano dagli Stati Uniti, hanno un permesso di studio (la maggior parte di loro), a Varese, e studiano in Italia. Arrivano in Ticino per svolgere un’attività in serie A, giudicata, a seguito di una verifica fatta con la Sem, profession­istica per gli Stati terzi, quindi lucrativa. Non c’è altro modo di definirla, se non come attività principale sportiva a scopo lucrativo. La quale andrebbe regolarizz­ata con un contratto e con le relative condizioni che andrebbero riconosciu­te e rispettate. Il discorso sarebbe diverso se fossero comunitari­e: in quel caso, le regole sarebbero diverse».

Ma non è questo il caso. Né ci sono i margini perché la questione, dal punto di vista del Lugano, si possa risolvere, se non regolarizz­ando la posizione delle proprie calciatric­i straniere. «Facendo domanda per ogni singolo elemento, come attività lucrativa, rispettand­o lo stipendio minimo indicato dalle direttive. Altre realtà sportive rispecchia­no questi vincoli». Ma non impiegano quindici straniere... «Questo significa che il Lugano ha fatto il passo più lungo della gamba».

Il visto da turista non è un appiglio... «Risulta che si allenino tutte le sere, e che siano in Ticino per le partite, nel fine settimana. Vanno ben oltre i tre mesi previsti dal permesso di turista».

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TI-PRESS/GIANINAZZI Comunque lo si voglia leggere, per le ragazze è un sogno che si infrange

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