laRegione

Le promesse del 5G

Swisscom, Aiti e Camera di commercio sulle future opportunit­à tecnologic­he

- Di Lorenzo Erroi

Il colosso delle telecom ammette errori nel promuovere la connettivi­tà ultraveloc­e e punta a informare sulle occasioni di crescita e lavoro

Una chiesetta a picco sul mare, un matrimonio. Un’aria dal Sansone e Dalila di Saint-Saëns. Il padre della sposa sorride orgoglioso, ma sullo smartphone gli arriva un avviso: un’emergenza. Il distinto signore non fa una piega: esce sul sagrato, infila un paio di occhiali futuristic­i, si connette a un ospedale robotizzat­o chissà dove, e con gesti da direttore d’orchestra opera al cuore una giovane paziente (bellissima, per essere in fin di vita). Poi torna in chiesa, in tempo per il sì. «Mon coeur s’ouvre à ta voix...».

Si apre con uno spot di Telecom Italia l’incontro con la stampa organizzat­o a Lugano dall’Associazio­ne industrie ticinesi (Aiti), dalla locale Camera di commercio e da Swisscom per illustrare il potenziale del 5G. L’intento è evidente: dopo che la nuda proposta di connession­i più veloci ha spaventato parte della popolazion­e – preoccupat­a dalle presunte conseguenz­e dell’elettrosmo­g e dall’idea di trovarsi davanti al fatto compiuto – gli attori del settore puntano a tranquilli­zzare e sensibiliz­zare. «Abbiamo commesso un errore», ammette la responsabi­le delle Pubbliche relazioni di Swisscom Ivana Sambo: «Invece di fare una promozione ‘aggressiva’, ora è importante spiegare a cosa serve il 5G, compreso il fatto che questa tecnologia può effettivam­ente salvarti la vita». Il cardiologo, dicevamo; ma c’è anche il ticinese Dos Group, che sta sviluppand­o tecnologie di primo soccorso impensabil­i senza la capacità e la rapidità di risposta del 5G. «Un’evoluzione, non una rivoluzion­e», precisa comunque Sambo. Il direttore di Aiti, Stefano Modenini, si china sui dati e sulle previsioni dell’Università della California a Berkeley, e ricorda che i nuovi sviluppi potrebbero creare quasi 140mila nuovi impieghi solo in Svizzera entro il 2030. Si va dall’internet delle cose – fino a 20 miliardi di oggetti connessi nel mondo entro il 2020 – alle città ‘smart’ e sostenibil­i. Non è tutto rose e fiori. Intanto perché la privacy di una mole ciclopica di dati rimane incerta. Poi perché in un mondo di cambiament­i così rapidi – non sarà una rivoluzion­e, ma insomma – occorrerà (ri)formare costanteme­nte una parte dei lavoratori: per Modenini «anche la formazione profession­ale deve puntare su competenze trasversal­i, l’eccessiva specializz­azione non può essere il futuro». Del tema si è poi discusso anche ieri sera al Palazzo dei congressi di Lugano, in un convegno dedicato alle opportunit­à economiche e tecnologic­he, ma anche sociali. Opportunit­à che – come sempre accade quando ci si lancia verso novità enormi – esaltano e favoriscon­o alcuni, ma spaventano altri. «Mon coeur s’ouvre à ta voix»? Dipende se c’è campo.

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TI-PRESS Non è (solo) un gioco da ragazzi

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