Altolà di Putin a Erdogan
L’offensiva turca nel Nord-est della Siria continua, ma ora la Russia si è messa di mezzo Erdogan afferma che l’invasione non si fermerà ma l’intervento di Mosca assicura il vantaggio all’esercito di Bashar al Assad
Ankara/Mosca – Fermi tutti, parla Putin. Il presidente russo si è infine risolto a mettersi di mezzo tra Turchia e Siria, “invitando” la prima a fermare l’offensiva anticurda in corso nel Nord-est del Paese. Anche la Cina, fatto inusuale, si è esposta, invitando Ankara a fermarsi. Da ieri, in ogni caso, l’esercito siriano ha il “totale controllo” di Manbij, località strategica a ovest del fiume Eufrate, alle cui porte scalpitavano le milizie arabe al soldo della Turchia. La loro avanzata è stata bloccata sul nascere dall’arrivo delle truppe di Bashar al Assad – dopo che la Coalizione internazionale a guida Usa aveva ufficializzato il suo ritiro – e dallo schieramento della polizia militare russa come forza d’interposizione sul perimetro della città, “lungo la linea di contatto tra gli eserciti siriano e turco”. Per le forze di Recep Tayyip Erdogan si è trattato del primo autentico inciampo in un’avanzata che pareva non doversi fermare. La stessa Kobane sembra ormai fuori portata: i soldati di Assad scortati dai russi sarebbero pronti a occupare le postazioni lasciate dagli statunitensi. Entro 24 ore arriverà poi in Turchia Mike Pence, inviato da Donald Trump dopo il varo delle sanzioni per chiedere a Erdogan un cessate il fuoco.
Ma il presidente turco non ha intenzione di concederlo: “Presto metteremo in sicurezza l’intero confine turco-siriano da Manbij al confine con l’Iraq”, ha promesso. Obiettivo: conquistare più terreno possibile per mettere al sicuro le frontiere e rimandare a casa i rifugiati. “Un milione in una prima fase, due milioni in una seconda”, ha spiegato. Ankara, ha detto, ha “salvato dall’occupazione dei terroristi mille chilometri quadrati di territorio”. E dalle colonne del Wall Street Journal è tornato a minacciare l’Europa: “La comunità internazionale deve sostenere gli sforzi del nostro Paese o cominciare ad accettare i rifugiati”.
Ieri anche Regno Unito e Spagna si sono aggiunti alla lista di Paesi europei – dopo Italia, Germania, Francia, Olanda e Paesi scandinavi – che hanno sospeso la concessione di nuove licenze ad Ankara per forniture di equipaggiamenti militari. Oggi ne parleranno a Bruxelles gli ambasciatori Nato e a porte chiuse si riunirà anche il Consiglio di sicurezza dell’Onu. I curdi continuano a rispondere con raffiche di mortai verso le zone di confine, dove ieri sono morti altri due civili più a est, nella provincia di Mardin, portando a 20 il totale delle vittime in Turchia. Sul fronte curdo i morti tra la popolazione sono invece almeno 90, tra cui 21 minori. Per Ankara, sono oltre 600 i combattenti nemici uccisi. Oltre al Rojava, il sogno dell’autonomia ucciso in fasce.