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Haiti, ‘qui è il Far West’

- Di Simonetta Caratti

‘Qui ti uccidono per strada, puoi uscire tra una protesta e l’altra per fare una magra spesa, i supermerca­ti sono stati saccheggia­ti, i trasporti non funzionano, la polizia è assente. Se sei bianco, sei un bersaglio. Viviamo barricati in casa’. Haiti peggio del Far West: ‘È in mano a gang assoldate da politici’, dice da Port-au-Prince il ticinese Ernesto Jacomelli che ci spiega i retroscena di questa nuova catastrofe.

Ad Haiti si vive barricati in casa, da settimane le strade di Port-au-Prince sono messe a ferro e fuoco dai manifestan­ti, che chiedono le dimissioni dell’attuale presidente Jovenel Moise che però non sembra sul piede di partenza. «Qui scarseggia il petrolio, i trasporti sono paralizzat­i, mancano generi alimentari e quelli importati costano di più, i supermerca­ti sono stati saccheggia­ti, la moneta locale è deprezzata del 50%, gli ospedali sono sguarniti, non trovi più medicament­i. Se giri in auto vieni bloccato, ti chiedono soldi, usano la tua auto per fare barricate, se non sei veloce a scappare, rischi di venire malmenato o ammazzato in strada. È il Far West. La polizia è assente, impotente davanti a questa guerra tra i poveri. Gli agenti, come tanti funzionari, non vengono pagati da mesi. Uffici, banche, tribunali e posti di polizia sono stati saccheggia­ti, incendiati o chiusi. Ogni ondata di violenza mira ad un settore: magazzini, banche, concession­ari d’auto, ville dei facoltosi, stranieri. Se sei bianco, sei un bersaglio perché sei ricco o sostieni il regime. Da un anno e mezzo evito di uscire, nelle ultime 5 settimane ho lasciato casa solo durante le tregue per cercare cibo. Per vari giorni può mancare l’elettricit­à, quindi non si riempiono i serbatoi d’acqua sul tetto, non funziona internet e tutto il resto». Questa la vita, giorno dopo giorno nel Far West di Haiti, come ci racconta Ernesto Jacomelli, raggiunto su WhatsApp.

‘Possono entrarci in casa, preparati al peggio’

Il ticinese vive da 11 anni sull’isola haitiana, ci resta per motivi umanitari. «Il Paese è paralizzat­o, così sperano di liberarsi del presiedent­e», spiega. Alle spalle una carriera militare e diplomatic­a, con missioni in giro per il mondo (come addetto alla difesa per la Svizzera nelle ambasciate, per le Nazioni Unite in missioni di ‘Peace Keeping’). Dal 2008 ad Haiti, ha diretto il Centro delle operazioni congiunte della missione Minustah dell’Onu (coinvolte 15mila persone), è sopravviss­uto per miracolo al terremoto del 2010, coordinand­o da subito le operazioni umanitarie. Dal 2016 si occupa di progetti umanitari (vedi articolo sotto), ora sospesi. «Può succedere di tutto, possono entrarci in casa. Sono preparato al peggio, sono già sopravviss­uto al terremoto. Ero uscito due minuti prima che crollasse il quartier generale della Missione Onu dove lavoravo». Aver sfiorato la morte ha maturato nuove priorità. «Ho avuto tanto nella mia vita, ora mi dedico agli altri». Come faceva suo padre. Prima di morire gli disse. «Il destino vuole che fai qualcosa per quella gente».

‘4 miliardi per i poveri fagocitati dall’élite’

I semi della ribellione sono germinati dopo decenni di sopportazi­one. La gente è stufa di una corruzione endemica, il vaso di Pandora si è aperto, mettendo a nudo la feroce voracità della classe dirigente che ha volatilizz­ato 4 miliardi di dollari, legati al progetto Petrocarib­e, ricevuti dal Venezuela per la vendita del carburante a basso costo. Fondi destinati alla costruzion­e di strade, case, ospedali, ma drammatica­mente prosciugat­i dalle classi politiche con la complicità dell’attuale presidente. I soldi sono finiti e il presidente – spiega – un anno e mezzo fa ha deciso l’aumento del prezzo della benzina del 51%, penalizzan­do di nuovo le classi piu svantaggia­te e senza minimament­e intaccare i privilegi dei ricchi. L’inizio della catastrofe. C’è chi si è intascato milioni. Mentre la gente sopravvive con meno di un dollaro al giorno. L’ennesimo schiaffo che sta tornando come un boomerang verso un’élite fatta di famiglie potenti, che hanno perpetrato un sistema coloniale: «Impongono monopoli e prezzi, investono quasi solo all’estero; controllan­o politicima­rionette che possono ‘mangiare a volontà’ ma devono fare i loro interessi. Hanno promulgato leggi assurde che favoriscon­o pochi e non fanno l’interesse della comunità». Gli esempi non mancano: «Non paga le tasse su beni e aziende chi è console onorario, così i ricchi ad Haiti sono consoli onorari e non pagano nulla. Oppure, è esentato dal fisco chi costruisce 7 appartamen­ti. I parlamenta­ri fanno a gara per arrivare al numero magico e non pagare le tasse».

Lo scandalo dei miliardi intascati dall’élite ha rotto l’accordo tra le famiglie più potenti ed è stata una guerra tutti contro tutti. «Oggi il Paese è paralizzat­o e in mano alle gang assoldate da politici e industrial­i. Manca una vera opposizion­e, appena si affaccia un papabile viene ucciso». Anche la Cooperazio­ne Svizzera, impegnata da 10 anni ad Haiti, ha rallentato per l’impossibil­ità di portare avanti i progetti. «Qui tutto funziona con bustarelle e regna sovrana l’incompeten­za perché i funzionari sono piazzati non per merito, ma per politica. C’è chi dorme in ufficio, chi gioca, chi non sa cosa rispondert­i. È scoraggian­te per chi è impegnato in progetti», conclude.

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KEYSTONE Gli ‘ultimi’ si rivoltano, stufi della corruzione endemica di una classe dirigente che si è intascata miliardi destinati ai poveri e sta affamando la gente
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Ernesto Jacomelli
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