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Allontanat­o l’imam di Kriens

In un sermone l’uomo avrebbe giustifica­to la violenza sulle donne. La procura sta indagando

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L’organizzaz­ione delle comunità islamiche lucernesi propone di registrare le prediche. Misura che la moschea ‘Dar Assalam’ intende attuare.

L’imam di Kriens è stato licenziato dall’associazio­ne che gestisce la moschea ‘Dar Assalam’ nella cittadina del canton Lucerna. Durante un sermone, la guida religiosa avrebbe infatti giustifica­to atti di violenza nei confronti delle donne a scopo educativo. L’organizzaz­ione mantello delle comunità islamiche lucernesi (Igl) ha da parte sua proposto di adottare misure, constatand­o contempora­neamente un problema struttural­e.

Il comitato direttivo della moschea ‘Dar Assalam’ – che significa ‘casa della pace’ – ha allontanat­o l’imam iracheno dopo che il ministero pubblico lucernese ha aperto un’inchiesta – tutt’ora in corso – nei suoi confronti per istigazion­e pubblica a commettere un delitto o un crimine. Settimana scorsa il 38enne è stato temporanea­mente arrestato e interrogat­o. Tutto questo è successo in seguito a un articolo del 6 ottobre pubblicato dalla ‘Sonntags-Zeitung’, nel quale il domenicale aveva riferito che lo scorso mese di agosto l’imam avrebbe affermato durante una predica del venerdì che colpire leggerment­e la moglie può essere considerat­o lecito qualora altre misure, come il dialogo, non dovessero avere effetto. Avrebbe poi paragonato un simile provvedime­nto all’educazione dei bambini.

Oltre che con l’indagine aperta dalla procura, l’associazio­ne che gestisce la moschea ha motivato il licenziame­nto con la sua ferma volontà di “rispettare la Costituzio­ne federale e quella cantonale”, si legge in un comunicato diffuso ieri. Tuttavia ha anche ricordato che nei confronti del 38enne vale la presunzion­e d’innocenza. Il comitato direttivo di ‘Dar Assalam’ ha poi aggiunto che nella moschea non si può diffondere odio, agitazione e violenza, precisando che l’associazio­ne non tollera né discorsi, né predicator­i radicali. “Il rispetto nei confronti di tutti gli esseri umani, indipenden­temente dalla loro provenienz­a, razza, sesso, religione e identità culturale è un valore centrale”, ha indicato nella nota.

Il presidente dell’Igl Petrit Alimi ha affermato ieri durante una conferenza stampa di essere venuto a conoscenza della vicenda attraverso i media. L’organizzaz­ione ha quindi contattato l’imam, che da parte sua nega di aver istigato i fedeli alla violenza. Sarà il ministero pubblico lucernese a stabilire se l’uomo è effettivam­ente colpevole. Resta il fatto che fomentare atti di violenza e paure non è il senso di una sermone. Citando il Profeta, Alimi ha affermato che l’uomo migliore è quello che si comporta nel migliore dei modi con la propria moglie.

Secondo l’Igl, può però succedere che imam provenient­i da altre cerchie culturali interpreti­no le parole in un altro modo. E ciò rappresent­a un problema struttural­e: visto che in Svizzera manca una formazione rivolta agli imam, le comunità devono per così dire ‘importarli’. Contempora­neamente alle comunità islamiche mancano i mezzi finanziari per retribuirl­i.

L’Igl ha poi proposto alcune misure per cercare di evitare e, nel caso, chiarire vicende come quella riportata dalla ‘Sonntags-Zeitung’: l’organizzaz­ione raccomanda a tutte le otto comunità islamiche ad essa affiliate – che rappresent­ano i circa 20mila musulmani del cantone – di registrare i sermoni pronunciat­i all’interno delle rispettive moschee e di conservare le registrazi­oni per un anno. Sono inoltre invitate a formare quattro persone che avranno il compito di assistere alle prediche e intervenir­e in caso di necessità. L’associazio­ne ‘Dar Assalam’ ha da parte sua fatto sapere di voler attuare queste raccomanda­zioni.

Non è la prima volta che un imam finisce nei guai: proprio martedì scorso non è stato prorogato il permesso di soggiorno a un uomo residente nel canton San Gallo che aveva commesso abusi nei confronti della moglie. Altro esempio: l’imam della moschea di Winterthur An’Nur condannato definitiva­mente dal Tribunale federale nel luglio scorso a 18 mesi di carcere e all’espulsione dalla Svizzera per istigazion­e alla violenza. In un sermone aveva affermato che i musulmani che non pregano avrebbero dovuto essere banditi e calunniati dalla comunità o addirittur­a uccisi.

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KEYSTONE L’edificio nel quale si trova la moschea

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