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‘L’italiano l’ho imparato sulla strada’

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È il più giovane fra i migranti che abbiamo incontrato. Semih, cittadino della Turchia, è approdato a Chiasso «un anno e sette mesi fa», aveva 26 anni e una manciata di esami al traguardo della laurea: «Quale cultura mediterran­ea non trovo molte differenze con l’Italia, ma non posso dire lo stesso degli svizzeri... In Turchia, terra ricca di storia, oggi a creare problemi è ‘il sistema’. Non si vive se solo ci si permette di esprimere le proprie idee. Là ero studente di ingegneria meccanica all’ultimo anno. Sono dovuto uscire perché ho sempre avuto idee che non andavano d’accordo con quelle dello Stato. C’è chi per questo è stato imprigiona­to o addirittur­a ucciso. Per un giovane è soprattutt­o la mancanza di libertà di espression­e a pesare. Nelle prigioni turche ci sono dottori, professori, giornalist­i. Quando sono arrivato in Ticino conoscevo la parola ciao e le ‘internazio­nali’ spaghetti, pizza! La lingua l’ho imparata sulla strada. Conoscevo in parte l’inglese, ora l’ho un po’ dimenticat­o. Oggi sono riuscito a farmi un giro di amicizie in Ticino. I primi tempi temevo di venire trasferito in altri cantoni. Adesso che so che rimarrò ho trovata una ragazza, svizzera di San Gallo. È difficile farmi riconoscer­e gli esami universita­ri che ho sostenuto perché i certificat­i necessari li devo richiedere in Turchia. Cerco però un lavoro più sociale. Comincio con l’imparare bene la lingua».

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