‘Lasciala stare o ti ammazzo’
Cadenazzo: chiesti 8 anni e mezzo per il 26enne che avrebbe cercato di uccidere l’amante della madre Sullo sfondo si cela la complicità del padre, accecato dalla gelosia, con cui il giovane era giunto in Ticino da Dübendorf
Era sceso in Ticino da Dübendorf (Zh) con l’intento di chiarire con la madre le circostanze della nuova relazione che la donna aveva avviato con un altro uomo. Ma durante la discussione – avvenuta in via Cantonale a Cadenazzo nel pomeriggio del 21 agosto 2018 – ha finito per accoltellare, ferendolo, il nuovo compagno della mamma. Per questo motivo deve rispondere di tentato omicidio intenzionale il 26enne zurighese di origini italiane che da ieri mattina è a processo davanti alle Corte delle Assise criminali di Bellinzona insieme al padre 49enne di nazionalità italiana, ritenuto complice di quella che l’accusa ha definito una missione punitiva, un regolamento di conti. Il padre è pure accusato di favoreggiamento avendo aiutato il figlio a disfarsi del coltello infilandolo in un tombino lungo l’autostrada nel viaggio di ritorno verso Zurigo, dove sono scattate le manette.
Arrivati in Ticino in auto – è stato ricostruito in tribunale a Lugano la cui corte è presieduta dal giudice Amos Pagnamenta – il 26enne ha lasciato il papà a un centinaio di metri dal luogo dei fatti. Una volta giunto nel parcheggio dell’abitazione del 51enne compagno della donna (la quale era tenuta d’occhio dal marito tramite l’ausilio di Gps installato nella sua auto), il giovane ha avvistato la coppia che passeggiava mano nella mano. Ed è a questo punto, secondo l’atto d’accusa stilato dalla procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, che in preda alla collera si sarebbe avvicinato alla coppia con fare minaccioso e con un coltello rivolto verso il basso, intimando all’uomo di lasciare in pace la sua famiglia. «Lasciala stare o ti ammazzo», sarebbe stata la minaccia alla quale, scaldatisi gli animi, è seguita una colluttazione in cui il giovane avrebbe cercato di infliggere più coltellate al 51enne. Due i fendenti che sarebbero andati a segno, causa delle ferite superficiali al fianco destro riportate dalla vittima, che era stata dimessa dall’ospedale due giorni dopo i fatti, in discrete condizioni.
‘Mi sono sentito in pericolo’
«Volevo solo parlargli: non avevo intenzione di fargli del male», ha detto in aula l’imputato, il quale riconosce di aver utilizzato il coltello, «che portavo sempre con me», essendo un muratore. Egli, però, sostiene di averlo brandito solo quando, durante il diverbio, si è «sentito in pericolo» di fronte «all’arroganza» e agli «spintoni» della vittima, che secondo la difesa avrebbe provocato l’agire del giovane, il cui carattere è stato definito impulsivo dalla pp (l’accusa sostiene che il 51enne avesse unicamente cercato di calmarlo).
L’imputato ritiene di aver colpito la vittima con un solo fendente. «Poi me ne sono andato perché ero sotto shock. Non mi ero accorto di averlo colpito in maniera grave». Sulle dichiarazioni fornite in aula dall’imputato, Pagnamenta ha parlato di un’ennesima versione contrastante rispetto a quelle fornite durante l’inchiesta. «È libero di mentire, ma la invito a pensare bene a quello che dice», ha detto il giudice rivolgendosi al giovane, in carcere preventivo dal giorno dei fatti. Quanto al padre, il giudice ha chiesto in particolare spiegazioni sugli sms scambiati con la cognata durante il viaggio verso il Ticino, in cui si leggono frasi che alludono a un imminente regolamento dei conti. Secondo l’atto d’accusa il figlio, prima di decidere insieme al padre di scendere in Ticino, avrebbe inoltre cercato delle persone che potessero dare una lezione al compagno della madre. Nei confronti del giovane, Lanzillo ha proposto una condanna a 8 anni e mezzo di reclusione, mentre per il padre ha formulato una richiesta di pena di due anni sospesi con la condizionale.