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Amianto: scuse e risarcimen­ti

Alla serata pubblica il rammarico del direttore dell’agenzia Suva di Bellinzona per gli errori fatti L’assicurazi­one infortuni o ex dipendenti hanno fatto causa alle Ffs? Una domanda che rimane senza risposta.

- Di Katiuscia Cidali

«Il nostro comunicato uscito tre settimane fa, quello in cui dicevamo che non c’erano state morti a causa dell’amianto, è stato un errore che mi ha fatto arrabbiare e ce ne scusiamo ancora». Roberto Dotti, direttore dell’agenzia Suva di Bellinzona, si è scusato pubblicame­nte lunedì sera all’incontro organizzat­o dall’associazio­ne Giù le mani, dalla Commission­e del personale delle Officine Ffs di Bellinzona (CoPe) e dai sindacati Sev e Unia con lo scopo di condivider­e esperienze e allargare il dibattito riguardo ai decessi di alcuni ex operai delle Officine. Dotti ha poi ammesso che un altro errore è stato l’impersonal­ità nelle lettere inviate ai dipendenti: «È difficile parlare di questi temi, non si vuole generare ansia, ma bisogna trovare il modo giusto, ci stiamo lavorando». L’avvocato Alessandro Mazzoleni, specialist­a in assicurazi­oni e responsabi­lità civile ha preso la parola per chiedere se la Suva ha avviato una procedura di regresso nei confronti del datore di lavoro, in questo caso le Ffs. Da Dotti però nessuna risposta. Convinti della volontà della Suva di migliorare la sua comunicazi­one abbiamo quindi provato a raggiunger­e il direttore dell’agenzia di Bellinzona per saperne di più ma ci ha risposto che la nostra domanda era «assolutame­nte fuori luogo» e che non era il momento di gettare benzina sul fuoco. Interpella­to a margine dell’incontro, Mazzoleni ha spiegato che la Suva versa le prestazion­i a coloro a cui è stata riconosciu­ta la malattia profession­ale, ma potrebbe avviare una procedura di regresso nei confronti del datore di lavoro se ritenuto responsabi­le di manchevole­zze sul posto d’impiego. Se la malattia profession­ale giustifica­nte il pagamento di prestazion­i è rimprovera­bile a qualcuno, la Suva può fare causa al datore di lavoro, rimprovera­ndogli determinat­e manchevole­zze e chiedendo il risarcimen­to del danno che corrispond­e alle prestazion­i che ha pagato. Anche il danneggiat­o può richiedere un risarcimen­to al datore di lavoro: «Va però detto che per un singolo assicurato fare una procedura di regresso rischia di essere molto costoso», rileva Mazzoleni. Abbiamo quindi interpella­to Roberta Cattaneo, direttrice Ffs Regione Sud, per sapere se le Ffs hanno ricevuto richieste di risarcimen­to da parte della Suva o da operai. «Non ne siamo a conoscenza perché sono procedure private e non penali, e se si tratta di questioni ancora aperte sono comunque coperte dal segreto profession­ale», ha risposto.

Le testimonia­nze degli operai

All’incontro erano presenti una cinquantin­a di persone e alcuni ex operai hanno portato le loro testimonia­nze. In particolar­e due di loro hanno ricordato quando lavoravano a stretto contatto con l’asbesto senza le adeguate protezioni: «E di controlli medici non ne ho fatti», ha osservato uno di questi. Un collega ha ricordato che pure lui aveva avuto contatti con l’amianto «e ora un po’ di paura c’è». A tal proposito l’avvocato Martin Hablützel dell’Associazio­ne svizzera delle vittime di amianto ha osservato che la decisione della Corte francese di risarcire per il danno da paura, meriterebb­e d’essere importata anche qui, perché chi sa d’avere possibilit­à di ammalarsi vive in uno stato di ansia. L’avvocato ha poi espresso soddisfazi­one riguardo alla reazione della popolazion­e ticinese che si sta interrogan­do su quanto accaduto alle Officine e chiede chiarezza. «Troppo spesso in Svizzera in questi casi non si è voluto approfondi­re, e la tendenza è di voler risolvere i problemi in modo silenzioso e privato», ha rimarcato.

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TI-PRESS Il direttore di Suva Ticino Roberto Dotti e il presidente del Cda Gabriele Gendotti

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