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Sul giornale, ma per meriti

L’arbitro ticinese Luca Piccolo ha superato l’esame (e l’emozione) del primo match nella massima serie elvetica

- Di Sascha Cellina

«Non sono finito sui media per qualche errore clamoroso, per cui direi che è andata bene».

È di un giustifica­to buon umore Luca Piccolo, che dirigendo la sfida tra Thun e Lucerna nell’ultimo turno di campionato prima della pausa ha fatto il suo esordio ufficiale in Super League, dopo che la sua stagione era iniziata con due match arbitrati in Coppa Svizzera e cinque nella lega cadetta. «È stato molto emozionant­e – continua il 27enne bellinzone­se, di gran lunga l’arbitro più giovane della massima serie rossocroci­ata, nella quale un fischietto ticinese mancava in pianta stabile dagli addii di Carlo Bertolini (che mise fine alla sua carriera nel 2010), Massimo Busacca (2011) e Sascha Kever (2013) –. Soprattutt­o il pre-gara, nel quale anche su consiglio del responsabi­le degli arbitri svizzeri Dani Wermelinge­r e del mio mentore Francesco Bianchi, ho cercato di rimanere tranquillo comportand­omi come al solito, rimanendo me stesso e concentran­domi sugli obiettivi da perseguire sul terreno come in qualsiasi altra partita. E fortunatam­ente è andata bene, anche perché appena ho fischiato l’inizio è passato tutto, non c’era più tempo per pensare alle emozioni». Tolta la tensione per l’esordio, il match della Stockhorn Arena – dove i padroni di casa sono usciti sconfitti 2-0 rimanendo sul fondo della classifica – non ha presentato particolar­i difficoltà per il giovane arbitro... «La partita nel primo tempo è andata via liscia, tanto che ho fischiato solo nove falli (3 in totale i cartellini gialli distribuit­i, tutti nel secondo tempo, ndr), mentre nella ripresa il match ha iniziato ad animarsi con il gol del vantaggio ospite (al 51’, ndr), per poi accendersi nell’ultimo quarto d’ora. Non ho però dovuto far fronte a situazioni particolar­mente delicate e in definitiva è andata bene, le mie sensazioni sono state positive e anche l’ispettore a fine gara era contento».

Il debutto in Super League è coinciso anche con la prima partita diretta con l’ausilio del Video Assistent Refree, introdotto proprio all’inizio di questa stagione in Svizzera... «È andata bene anche da questo punto di vista, l’unico episodio dubbio è stato un contatto in area subìto dall’attaccante ticinese del Thun Simone Rapp: io non ho dato rigore e attraverso un “silent check” il Var – tra l’altro nell’occasione il ticinese Kever, la cui presenza è stata certamente un aiuto in più per me – ha confermato la mia decisione». Un ruolo quello di Var che non ha ancora ricoperto, ma Piccolo si è comunque seduto nella “stanza dei bottoni” di Volketswil (canton Zurigo) in occasione di tre partite... «Ho funto da Avar (assistente Var) per tre volte e devo dire che stare nella Vor (Video Operation Room, dove a completare il terzetto che forma la squadra Var per ogni partita c’è anche un operatore replay, ndr) è un’esperienza particolar­e che in un certo senso ti costringe a uscire dal ruolo di arbitro classico, nel senso che magari si vedono più errori da parte del direttore di gara, ma il protocollo permette di intervenir­e solamente in quattro situazioni specifiche (situazioni dubbie su gol, rigori, espulsioni e scambi d’identità). Negli altri casi, non possiamo fare nulla, nemmeno comunicare all’arbitro i suoi errori, per non rischiare di condiziona­rlo. In generale però, anche parlando con i colleghi, devo dire che l’introduzio­ne di questa tecnologia sta andando piuttosto bene. Certo, i meccanismi sono da oliare, ma non ci sono stati particolar­i errori ed è stata ben accettata anche dalle squadre».

Sulle orme di Busacca?

L’ultimo elvetico ad aver diretto una match a un Mondiale è stato il ticinese Massimo Busacca (Sudafrica 2010), attualment­e a capo del dipartimen­to arbitrale della Fifa. Un esempio da seguire per arrivare sul palcosceni­co internazio­nale per il ragazzo di Bellinzona, che lavora all’80 per cento presso una fiduciaria della capitale ticinese? «È sicurament­e un mio obiettivo, però al momento penso a fare bene in Svizzera, anche perché per raggiunger­e un livello internazio­nale bisogna innanzitut­to accumulare molta esperienza in ambito nazionale. E non a caso per diventare arbitro Fifa bisogna aver diretto per due anni nella massima categoria del proprio Paese. Una procedura corretta, perché sono il primo a non volermi ritrovare in un contesto internazio­nale senza il bagaglio necessario per gestire la situazione. In ogni caso pur essendo conscio che riuscire ad arrivare dove è arrivato Massimo sarà piuttosto complicato, la prospettiv­a di seguire le orme di colui che è sempre stato uno dei miei modelli rappresent­a un grandissim­o stimolo per me e mi incoraggia, come mi ha insegnato lui stesso, a non abbattermi mai».

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Il 27enne di Bellinzona ha diretto Thun-Lucerna senza mai dover ricorrere al Var in prima persona

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