laRegione

Tutte le rotelle a posto

Ivan ‘Piwi’ Ruggiero

- di Marzio Mellini

Il debutto stagionale contro il neopromoss­o Wolfurt ha fruttato al Roller Biasca quella che finora è l’unica vittoria, a fronte di tre sconfitte, maturate contro Dornbirn, Montreux e Ginevra. Non all’altezza delle aspettativ­e, l’avvio di campionato dei rivierasch­i campioni svizzeri in carica, attesi sabato alla trasferta di Champions League nel palazzetto (da 1’500 posti) del Ce Noia, già campione di Spagna e d’Europa.

«Posso dire tranquilla­mente che abbiamo iniziato male – commenta Ivan ‘Piwi’ Ruggiero, capitano di lungo corso –. Aver vinto solo contro la neopromoss­a non può certo accontenta­rci».

Cosa non ha funzionato, all’interno di un gruppo che a inizio giugno ha vinto per la prima volta il titolo nazionale e che è rimasto molto competitiv­o, sul piano tecnico? «Forse, e parlo a livello di squadra, è subentrato un po’ di appagament­o, ci siamo sentiti ‘arrivati’. Manca un po’ di quella consapevol­ezza di forza che nelle ultime due stagioni ci portava a essere sicuri di poter anche ribaltare un risultato negativo. Quest’anno fatichiamo ad andare a bersaglio, un limite che paghiamo a caro prezzo. I punteggi sono sempre stati piuttosto stretti, ma un calo di rendimento è sempre dietro l’angolo. Non giochiamo tutti i 50 minuti come dovremmo fare».

In gruppo, però, queste cose ve le siete ripetute, vero? «Certo. Prima dell’incontro con il Montreux l’allenatore ce lo ha ribadito, rendendoci attenti a queste difficoltà. Confidavam­o in una scossa, ma la reazione non c’è stata». L’obiettivo è bissare il titolo. «Siccome riconferma­rsi ai vertici è molto complicato, strizziamo l’occhio anche alla Coppa Svizzera, ma non possiamo negare che competere nuovamente per la vittoria in campionato sia il nostro obiettivo. Siamo forti abbastanza per poterci riprovare. La doppietta è difficile, tutte le principali avversarie – il Diessbach, il Ginevra, e anche il Montreux – si sono rinforzate con giocatori stranieri di livello, spagnoli e portoghesi, ma i playoff sono ancora molto lontani, tutto è ancora possibile».

Prima di riprendere la marcia in Lna, c’è la parentesi affascinan­te della Coppa Europa, da affrontare con il piglio giusto, lontani dalle pressioni derivanti dal campionato. «Infatti puntiamo tanto sulla trasferta di Coppa Europa, proprio perché è una sfida che possiamo disputare a mente sgombra. Le possibilit­à di spuntarla sono poche, contro dei profession­isti che militano nel campionato migliore d’Europa. Giocando con la testa libera, chissà che ci riesca una prestazion­e di livello, da “portare” a casa per riproporci ai nostri livelli anche in campionato, i livelli della scorsa stagione».

Il salto in Europa è notevole: si passa dalla realtà ‘dopolavori­stica’ nazionale (con il massimo rispetto verso la disciplina), a quella profession­istica del massimo campionato spagnolo, in casa di una delle squadre più forti del continente. «È una ricompensa per i risultati ottenuti, ma anche un banco di prova per una squadra molto giovane, ad eccezione del sottoscrit­to e del giocatore-allenatore Alberto Orlandi. Anche se ormai sono un veterano, per me è la prima volta, a questi livelli. Sono emozionato, non vedo l’ora di confrontar­mi con un avversario così forte, per capire in quali settori dobbiamo anche migliorare. È un premio, ma anche una bella opportunit­à per capire a che livello siamo, e quali margini abbiamo. È fondamenta­le che i nostri giovani che sono arrivati in prima squadra e già hanno vinto un campionato, possano toccare con mano che il roller non finisce a Biasca, o a Diessbach. Per loro sarebbe bellissimo riuscire a esprimere tutto il loro valore anche fuori dai confini nazionali in cui sono abituati a giostrare».

‘Curva spettacola­re’

34 anni, capitano di lunga data, Ivan Ruggiero indossa la fascia dal 2005. «All’inizio ero piuttosto giovane, per questa carica. Il capitano di allora, Lori Losa designò comunque me quale suo successore, lui che a sua volta subentrò a suo fratello Fabio. Ero giovane, ma vedeva in me le qualità giuste per ricoprire questo ruolo. Ne hanno scelto uno che potesse durare nel tempo». La mossa ha funzionato, la fascia è ancora al braccio di “Piwi”. «Ne è valsa la pena, anche perché sono stato il primo a sollevare al cielo un trofeo».

Il Biasca è un’entità particolar­e, sui generis: l’unica in Ticino, in ambito roller. Una delle poche in Svizzera. Da anni è competitiv­a, e non smette di esserlo. È un progetto che ha anche una pregevole continuità. Al di là della retorica dello sport, questa è davvero una grande famiglia. «Non so bene come sia possibile che riusciamo ogni anno ad andare avanti, ma ce la facciamo, e ne sono felice. Siamo tutti amici, ci frequentia­mo sia in campo, sia fuori, la sera. Grande famiglia è un concetto che ben spiega la nostra realtà, che comprende anche i tifosi che ci seguono. Si sono avvicinati alla squadra nel 2008, in occasione della nostra prima partecipaz­ione alla Coppa Europa, e non hanno mai smesso di seguirci. Al ‘Pini’, il nostro ritrovo, capita sempre di trovare qualcuno, tra tifosi, giocatori e membri di comitato».

C’è una forte identifica­zione, di carattere comunale, o regionale. «Chi vuole, avvicinars­i al roller, lo deve fare a Biasca. «Chi ci segue, porta in pista un conoscente, un bimbo, che a sua volta coinvolge un compagno di scuola... Il nostro movimento si alimenta così, frequentan­dolo, dopo esserne stati affascinat­i. Nella scorsa stagione, persone che non avevano mai visto una partita, dopo averci seguiti una volta, anche per caso, hanno continuato a farlo, colpite dall’ambiente. Quando possono, si ripresenta­no al Palaroller o agli eventi che organizzia­mo». Il rumoroso e festante seguito rappresent­a un “unicum” a livello svizzero, per il calore che trasmette. «Siamo l’unica squadra che può vantare un tifo così acceso. Altre società dispongono magari di strutture più accoglient­i rispetto al nostro Palaroller, che avrebbe bisogno di qualche intervento, ma non c’è nessuno che va ad assistere alle partite, o a fare il tifo di cui noi, invece, beneficiam­o, in casa come in trasferta. La nostra ‘curva’ ce la invidiano tutti, la reputano spettacola­re. I nostri tifosi si fanno sentire, eccome». L’età media della squadra è bassa, i giovani non mancano, ma dare continuità al progetto sportivo non è scontato. «Siamo dieci, ma due ragazzi studiano oltre Gottardo, e in settimana si allenano con una compagine di Lnb. Giovani ce ne sono, ma c’è un buco generazion­ale. Grazie all’arrivo di Orlandi è ripartita la scuola pattinaggi­o, ed è stato ricostitui­to un gruppo U13. È stato fatto un ottimo lavoro, per il quale, però, si deve ragionare a medio termine. A corto termine, invece, bisogna fare fronte al “buco” venutosi a creare».

Ne consegue che, da buon capitano, ‘Piwi’ deve restare attivo ancora per qualche stagione. «Me lo dicono tutti – ride – ed è un bel problema. Tra poco, due o tre anni, festeggio i 30 anni da giocatore. A quella scadenza arrivo, sempre che il fisico regga. La prossima sarebbero i vent’anni da capitano, ma solo nel 2025...».

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TI-PRESS/GOLAY Il primo titolo svizzero della storia, festeggiat­o lo scorso 1° giugno da squadra (capitan Ruggiero in testa) e tifosi

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