laRegione

Dopo i fenicotter­i il carcere ideale

- Di Davide Martinoni

In allestimen­to in Piazza Manzoni la nuova installazi­one artistica di Oppy De Bernardo, l’artista che aveva fatto parlare tutto il mondo con ‘Apolide’ a Locarno. Ora torna con ‘Panopticon’.

Una scarpa colorata, senza stringhe, essenziale. Ripresa quasi fosse un oggetto di moda. E poi “Panopticon”, il guardiano dai mille occhi delle mitologia greca, poi diventato modello del carcere perfetto teorizzato da Jeremy Bentham. E la firma: Oppy De Bernardo, locarnese, classe ’70, uno fra gli artisti più singolari della scena ticinese, conosciuto per le sue iniziative spettacola­ri, spiazzanti, a volte persino urtanti, ma mai fini a sé stesse perché sempre ci dicono di noi qualcosa che non per forza finirà per piacerci. Sono gli elementi – volutament­e piuttosto criptici – del manifesto dell’installazi­one che da domani (inaugurazi­one alle 17) al 14 novembre animerà Piazza Manzoni a Lugano. «Lo spunto per questa nuova iniziativa artistica nasce da una riflession­e di Luigi Pirandello – spiega De Bernardo alla “Regione” –. La riflession­e è la seguente: “Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere, mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io. Vivi il mio dolore, i miei dubbi, le mie risate. Vivi gli anni che ho vissuto io e cadi là dove sono caduto io, e rialzati come ho fatto io”. Così, proprio dalle scarpe nasce il mio, di invito alla riflession­e. Le scarpe utilizzate per l’installazi­one appartengo­no a dei carcerati». Detenuti con cui Oppy si è lungamente confrontat­o – alla Stampa di Cadro e nel carcere di Bollate a Milano – sul tema della redenzione, della seconda possibilit­à, di un nuovo percorso esistenzia­le dopo il periodo di privazione della libertà. Lo ha fatto chiedendo appunto a uomini e donne vecchie calzature dismesse, che ha poi riprodotto – tramite stampi in negativo in gomma siliconica – in circa 2’000 esemplari. «L’ampio “fiore della vita” che sarà realizzato con questi nuovi elementi artistici rimanda al Panopticon, il modello di carcere ideale teorizzato da Bentham alla fine del ’700». In Piazza Manzoni, come rilevato dallo scrittore e curatore Michele Robecchi, il Panopticon “diventa una testimonia­nza silenziosa sui percorsi di vita della società in attesa di una riabilitaz­ione senza pregiudizi”. Non solo. In carcere a Lugano verrà realizzata una sorta di catalogo d’arte in cui le immagini scattate dalla fotografa Giulia De Luca «presentano una rielaboraz­ione visiva delle scarpe, che assumono così una valenza del tutto diversa rispetto a quella originaria», spiega Oppy. Che a proposito di quest’esperienza sottolinea la collaboraz­ione della Città di

Lugano e del Dipartimen­to istituzion­i in Ticino, e della Direzione del carcere di Bollate (Cosima Buccoliero) grazie ai buoni uffici della psicoanali­sta Marina Valcarengh­i. Inoltre, un documentar­io è in elaborazio­ne da parte di Giotto Parini, che ha seguito i lavori, filmandoli. L’idea di mantenere l’installazi­one “libera” fino al 14 novembre rievoca i trascorsi locarnesi di “Apolide” (vedi sotto), l’installazi­one sui migranti realizzata con i gonfiabili colorati prima aspramente commentata anche a livello politico, poi circolata via social in tutto il mondo e infine vandalizza­ta e fatta letteralme­nte sparire prima del termine da orde di passanti incivili. «La scelta della massima fruibilità, del contatto diretto, rimane volutament­e anche per il Panopticon – dice De Bernardo – perché fra gli aspetti che maggiormen­te mi interessan­o v’è proprio quello riguardant­e la reazione e l’interazion­e della gente. Non so se il “fiore della vita” verrà disperso in pochi giorni, o se resisterà. In un caso o nell’altro, avremo motivi diversi di riflession­e su noi stessi».

Foto su: www.laregione.ch/oppy

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GIULIA DE LUCA/INFOGRAFIC­A LAREGIONE Alcune fasi della produzione in carcere. Sopra: Oppy De Bernardo

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