Più femminile, più accademico
Come muta il profilo socio-professionale del Consiglio nazionale, organo sempre ‘socialmente selettivo’ Due politologi dell’Università di Losanna hanno analizzato la composizione della nuova Camera bassa. In lieve aumento i professionisti della politica.
Un Parlamento di milizia, dove la politica non si fa per mestiere, espressione fedele della società? Niente affatto. Lo scarto tra l’idea(le) e la realtà persiste: dopo l’elezione per il rinnovo del Consiglio nazionale, lo hanno misurato nuovamente – trovando più conferme che novità – i politologi Andrea Pilotti e Roberto di Capua dell’Università di Losanna. La loro conclusione: “Se si assiste a un reale progresso in termini di rappresentatività delle donne, il Parlamento svizzero resta un organo socialmente molto selettivo composto essenzialmente di universitari, imprenditori, professioni liberali e politici professionisti, tutte categorie minoritarie in una società svizzera composta in maggioranza di salariati”.
La Camera del popolo è uscita rinnovata come raramente è avvenuto nelle passate elezioni (61 neoelette/i su 200). Due le ragioni: il numero relativamente cospicuo di deputati che non si sono ripresentati (30); e un tasso di non rielezione di chi invece sollecitava un nuovo mandato (18%) mai così elevato dal 1999 (22%). Nel complesso, tuttavia, il profilo socio-professionale della Camera del popolo non muta granché. Invece, l’analisi effettuata da Pilotti e Di Capua, dell’Osservatorio delle élite svizzere (Obelis) dell’Università di Losanna, mette in luce una “importante femminizzazione” della Camera bassa, “un rafforzamento della sua accademizzazione, il relativo aumento dei quadri del settore pubblico e un aumento dei professionisti della politica”. Quattro tendenze che si spiegano in particolare con il successo elettorale di Verdi (+17 seggi) e Verdi liberali (+9), la relativa stabilità di Ps (-5) e Plr (-4) e il sensibile declino dell’Udc (-12).
Dal 33% del 2015 al 42%: con 84 donne elette, la presenza femminile fa un deciso passo avanti, avvicinandosi alla parità uomo-donna. La percentuale di elette, inoltre, supera quella delle candidate (40,3%): un successo dovuto sia alla buona posizione (in alto) sulle liste di quasi tutti i partiti, sia alla propensione dell’elettorato a votare donne anziché uomini (una sorta di ‘bonus’ femminile), ha rilevato il politologo Fabrizio Gilardi in un’analisi pubblicata sulla piattaforma online ‘Defacto’.
Nel nuovo Consiglio nazionale tutti i partiti, tranne il Ppd, contano tra i neoeletti lo stesso numero di uomini e donne (Udc, Ps, Verdi liberali) o più donne che uomini (Verdi, Plr). In cifre assolute, indicano Pilotti e Di Capua, è il successo elettorale dei Verdi che più di altro ha contribuito a ‘femminizzare’ il Nazionale: un terzo circa delle neoelette (10 su 32) proviene infatti dal partito ecologista. La quota di donne più elevata la troviamo nel gruppo socialista (62%). Seguono Verdi (61%) e Verdi liberali (50%). Parità ancora lontana, per contro, nelle ‘frazioni’ Plr (34%), Ppd (32%) e Udc (25%). Non solo più femminile, anche più accademico. Il Nazionale nella legislatura 2019-2023 conterà un numero maggiore di deputati con un titolo universitario. L’aumento, del 4% (dal 57% del 2015 al 61%), è il primo da parecchio tempo. La quota di deputati laureati, infatti, dagli anni 90 ha conosciuto un calo costante, inversamente proporzionale all’ascesa elettorale dell’Udc. La tendenza quest’anno si è arrestata, ma – benché in leggera crescita – la quota di deputati con titolo universitario resta inferiore a quella del 1980 (67%). La proporzione più elevata la si riscontra tra i Verdi liberali (88%). Seguono Ps e Verdi (79%), Ppd (72%) e Plr (59%). Soltanto nel gruppo Udc i laureati sono una minoranza (34%).
Non si registra alcun mutamento di rilievo per quanto riguarda il profilo professionale. Al Consiglio nazionale troviamo sempre un cospicuo numero di professionisti della politica (37%: si tratta essenzialmente di eletti negli esecutivi comunali e parlamentari professionisti), così come di imprenditori (23%) e liberi professionisti (23%). Da notare infine: l’aumento dei salariati (gli insegnanti in particolare, che passano dal 2 al 6%), quello dei quadri del settore pubblico tra i Verdi (sono il 24% dei neoeletti ecologisti) e la proporzione “significativa” di figli d’arte (almeno 6 neoeletti sono figli di ex parlamentari).