Allora torniamo a votare
Londra – Boris Johnson ripropone il voto anticipato. Fallito, sembra, il proposito di uscire all’Unione europea il 31 ottobre (in realtà di iniziare in quella data il percorso che porterà alla uscita definitiva), il primo ministro britannico ha annunciato per lunedì una nuova mozione del governo Tory in Parlamento per cercare di ottenere lo scioglimento della Camera dei Comuni il 6 novembre e la convocazione delle urne il 12 dicembre.
Cosa non si fa per la Brexit. Theresa May tentò tre volte di ottenere l’approvazione dei Comuni al piano concordato con Bruxelles. Invano. Johnson è già al secondo tentativo di forzare la mano con il ricorso alle elezioni. Niente è meno sicuro che vi riesca.
Per essere approvata, la mozione dovrà ottenere il sì di due terzi dell’assemblea. Ma le prime reazioni dei partiti di opposizione confermano l’intenzione di boicottare l’escamotage di Johnson. L’annuncio è arrivato al termine di una riunione del Consiglio di gabinetto. Ed è stato formalizzato in aula dal ministro Jacob Rees-Mogg, Leader of the House, dopo che i Comuni avevano approvato con 310 sì contro 294 no i contenuti del
Queen’s Speech: ossia le linee programmatiche del governo.
Johnson ha spiegato di essere pronto a concedere più tempo, come chiede l’opposizione, per dibattere “l’eccellente deal” da lui raggiunto con Bruxelles in extremis, ma solo a patto che i deputati dicano finalmente sì alle elezioni per rompere lo stallo in ogni caso. Altrimenti la minaccia dell’esecutivo è quella di continuare a mettere in calendario la mozione per il voto “giorno dopo giorno”. E magari, chissà, di presentare persino un’auto-sfiducia per la quale basterebbe la maggioranza semplice. Meglio morti, insomma, che in Europa.