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‘È molto piaciuto il messaggio di condivisio­ne’

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La proposta artistica originaria era giunta con Oppy a Bollate – nella Casa di reclusione di Milano – con sembianze diverse rispetto a quelle poi stabilite: «Diciamo – ricorda l’educatrice Catia Bianchi – che è stata un po’ “maneggiata”, ridefinita, fino alla soluzione del mandala con le scarpe delle persone detenute, che richiamass­e la bellissima frase di Pirandello». Con l’artista, aggiunge Bianchi, «abbiamo avuto a che fare già a partire da un anno fa e durante questo periodo Oppy è venuto in commission­e cultura (una rappresent­anza dei detenuti) diverse volte, fino all’ultimazion­e del lavoro. Abbiamo impiegato, fra commission­e cultura e chi ha realizzato concretame­nte le scarpe, una ventina di detenuti fra uomini e donne. Essendo stata così lunga e in qualche modo elaborata, la preparazio­ne è stata vissuta in maniera partecipat­a». Partecipat­a, anche, in relazione alla sorta di «gemellaggi­o virtuale» con il carcere ticinese: «Di ciò che succedeva alla Stampa sapevamo poco, ma ciò non toglie che si è comunque stabilita una certa relazione a distanza». Secondo l’educatrice, «la cosa che ha colpito maggiormen­te i detenuti coinvolti è stato il fatto di poter raggiunger­e le persone attraverso il messaggio del “mettersi nelle scarpe degli altri” prima di giudicare, e quindi il sentirsi meno giudicati per quanto consapevol­i di aver commesso dei reati. È molto piaciuto questo messaggio di condivisio­ne; della scarpa come oggetto utilizzato da tutti, e in questo caso per cercare di immedesima­rsi nella vita altrui». Vista l’ovvia impossibil­ità di partecipar­e coi detenuti all’evento artistico luganese, l’educatrice spera in un futuro allestimen­to milanese.

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