Amnesty: ‘La solidarietà non è reato’. Ma la Lega grida al ‘rischio caos asilo’
Divisivo. Una volta di più il caso di Lisa Bosia Mirra (come la ‘questione migranti’, del resto) divide l’opinione pubblica e la politica cantonticinesi. C’è chi, come Amnesty International Svizzera, vede la coperta del Diritto ancora troppo corta. E rivendica più clemenza per chi è animato da slanci umanitari. Perché si dovrebbe “smettere di perseguire e condannare gli atti di solidarietà”. E poi vi è chi, come la Lega, esprime “sconcerto” e paventa addirittura “un grave rischio di ritorno del caos asilo” per il cantone. Il dato di fatto? Lo richiama l’Osservatorio giuridico, che in questi anni ha affiancato la 46enne nel suo percorso giudiziario. Per finire la sentenza della Corte d’appello e revisione penale (Carp) “ha confermato che non è punibile fornire viveri a uno straniero in difficoltà, né offrire assistenza medica e consulenza giuridica a persone a statuto irregolare in procinto di attraversare il confine”. E come ha detto la stessa Lisa Bosia Mirra giovedì con un post su Facebook, questo è già “un passo nella giusta direzione”. Certo, rilancia Amnesty, che con ‘Solidarité Sans Frontières’ ha promosso una petizione, serve una revisione delle leggi “che limitano e puniscono la solidarietà con i migranti e i rifugiati”. E in tal senso è stata depositata un’iniziativa parlamentare, presentata dalla consigliera nazionale Lisa Mazzone
dei Verdi. Al centro dell’attenzione vi è l’articolo 116 della Legge federale sugli stranieri e la loro integrazione, che dal 2008 ha cancellato la non punibilità dell’assistenza in determinate situazioni e se si è mossi da motivi onorevoli (come è stato riconosciuto a Bosia Mirra). Oggi, ricorda Reto Rufer, specialista in materia di asilo di Amnesty, la condanna “rimane iscritta nel casellario giudiziario. Ma Lisa non è una passatrice o una criminale, e non avrebbe mai dovuto essere perseguita o condannata in prima istanza”. Di segno opposto la reazione della Lega, che parla di “scelta politica della Carp”; la quale, rincara, “evidenzia l’intenzione di giungere, di fatto, a una depenalizzazione dell’immigrazione clandestina e di chi la favorisce, in barba alle leggi svizzere”. Don Giusto Della Valle, parroco di Rebbio, al fianco della 46enne anche in quell’estate del 2016, non ha dubbi: «Lisa non doveva finire davanti ai giudici, in quanto l’umanità non può essere processata». Il ‘prete dei migranti’ è netto: «Lisa non ha fatto altro che colmare ciò che derivava, ed è così anche oggi, da una crisi del sistema: quella libera circolazione delle persone. Tutti hanno il diritto di scappare dal loro Paese, se la loro vita è in discussione perché c’è la guerra o perché si rischia di morire di fame, e di aggrapparsi ad una vita migliore».