laRegione

Ripensare il liberalism­o

- Di Franco Zambelloni

La parlamenta­re ticinese Natalia Ferrara ha recentemen­te pubblicato un libro sul pensiero politico liberale (‘Liberalism­o’, Armando Dadò Editore). Siamo in un tempo in cui tutte le ideologie politiche sono in crisi: o perché ormai obsolete, spiazzate da un divenire così rapido e profondo che le rende inattuali, o perché ridotte a formule dogmatiche che sembrano più vicine a tabelloni pubblicita­ri che a un pensiero politico. Proprio per questo il libro di Natalia Ferrara giunge opportuno con le sue riflession­i sul liberalism­o: perché non è un testo sull’ideologia, ma sul pensiero liberale, sui princípi e i valori che ne determinan­o il modo di pensare. Coerenteme­nte con questa impostazio­ne, l’autrice prende in esame i fattori di crisi che costituisc­ono oggi le maggiori minacce non solo per il liberalism­o, ma per la democrazia stessa: i populismi e i sovranismi dilaganti, l’incertezza dell’informazio­ne (…)

(…) nell’epoca della rete informatic­a e delle fake news, il sessismo, la tutela dell’ambiente, i fenomeni migratori e i problemi e le incognite che comportano… Ciascuna di queste analisi è condotta non in base a slogan declamator­i, ma al fine di inquadrare e definire il problema in modo lucido e oggettivo: comprender­e il problema è la condizione iniziale per elaborare soluzioni corrette ed eque. E una soluzione corretta non può essere faziosa o di parte, perché il dovere di uno Stato liberale e democratic­o è verso tutti i suoi cittadini, non verso una sola parte e a svantaggio di un’altra. Da questa impostazio­ne di fondo deriva, ad esempio, l’esigenza di «sostenere uno Stato serio, non giocatore in campo contro l’economia di mercato, ma arbitro di un equilibrio sano tra le forze private e l’interesse pubblico prepondera­nte. Che spesso è quello di tutelare la fascia più debole della società e permettere al cosiddetto ceto medio di vivere, e non di tirare a campare. Gli strumenti di aiuto non esistono tuttavia senza il benessere economico, che per prima cosa va generato».

Sono riflession­i di buon senso e richiami alla responsabi­lità – elementi che troppo spesso mi pare vengano trascurati, soprattutt­o in periodi di campagna elettorale, quando la pubblicità sembra prendere il posto dell’argomentaz­ione e della progettazi­one politica. Giustament­e l’autrice ricorda che il liberalism­o, pur avendo a sua volta commesso degli errori (che nel libro vengono indicati e analizzati), ha però realizzato, anche nel Ticino, libertà, benessere, istruzione pubblica, giustizia sociale ed eguaglianz­a giuridica in misura maggiore che le forze politiche avversarie; e rileva lo scadimento attuale del confronto politico, quando esso si riduce a ingiurie e volgarità nei confronti dell’avversario.

Questa deriva, ormai denunciata da tanti studi apparsi di recente, è il maggiore fattore di crisi non solo del liberalism­o, ma della democrazia in tutti i Paesi democratic­i; anche per questo il libro di Natalia Ferrara mi sembra utile, non solo a chi vota liberale, ma a ogni votante che voglia davvero esercitare i suoi diritti-doveri di cittadino. Ricordando e difendendo i valori e i princípi del liberalism­o e indicando nella libertà il bene più prezioso, l’autrice annota che nel suo scritto ha voluto anche spiegare «non tanto chi sono quanto, piuttosto, cosa penso, anzi, come penso». Questa annotazion­e costituisc­e una sorta di fil rouge per la lettura del testo, ma non solo: è anche un richiamo a un’esigenza fondamenta­le per una vera partecipaz­ione democratic­a. Sempre più gente vota “di pancia”, mentre le scelte politiche andrebbero fatte con la testa – una testa abituata a pensare nel modo più oggettivo e rigoroso possibile. Il che mi riporta alla mente un episodio della storia del Ticino che mi pare istruttivo anche nell’ora presente: nel 1852 Carlo Cattaneo, esule da Milano dopo la repression­e dei moti liberali del ’48, tenne agli studenti del Liceo di Lugano, allora appena istituito, la lezione inaugurale. A conclusion­e del suo discorso, Cattaneo si rivolse così agli studenti: «Voi siete liberi. Ma a che vi gioverà la libertà di pensiero, se non avete pensieri?».

Direi che questo è anche l’insegnamen­to che si ricava dal libro di Natalia Ferrara.

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